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Burka Avanger, la supereroina pakistana che combatte i talebani

Nel Paese musulmano da una settimana ha fatto comparsa in tv la giovane velata da capo a piedi in lotta contro i fondamentalisti

Giulio Bucchi
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Malala come Wonder Woman. La ragazza ferita dei Taleban, o una come lei, è cresciuta e fa la maestra, ma intanto ha imparato il karate e quando i taleban le chiudono la scuola lei esce di notte occultata da un burka magico che le permette di volare in stile Superman e li riempie di botte, scassinando il catenaccio che hanno messo alle aule con una penna-passepartout stile Paperinik. Più o meno è questa la trama di Burka Avenger: la «vendicatrice del burka», il nuovo cartone animato che da una settimana ha fatto la sua comparsa sugli schermi tv del Pakistan, per propagandare la causa dell'istruzione in un Paese dove i tre quarti delle bambine, dati Onu, non frequentano la scuola dell'obbligo. E non solo in quelle aree dove spadroneggiano i Taleban. Per la verità Aaron Haroon Rashid, la pop star pakistana che dopo aver avuto l'idea della serie l'ha prodotta e le ha anche prestato la sua musica per la colonna sonora, giura che il progetto si era già messo in moto prima che esplodesse il caso di Malala Yusafzai. E tuttavia è evidente che il discorso della ragazza sedicenne all'Onu deve essere stato per la serie un lancio pubblicitario ulteriore, e che qualche ruolo le sue parole devono aver avuto, per lo meno nella redazione concreta del progetto. «La matita e i libri sono le armi migliori contro i fanatici», ha detto tra l'altro Malala. E in Burka Avenger infatti la già citata matita alla Paperinik distrugge la barriera messa dai fanatici all'accesso scolastico, mentre i libri sono anche usati come dolorosissimi oggetti contundenti e le stesse penne si trasformano in proiettili. Va anche detto che i taleban non sono direttamente evocati. Ma sono chiaramente vestiti come loro Baba Bandook e i suoi truci accoliti: la banda di gagnster che un giorno ha fatto irruzione «nel tranquillo villaggio di Halwapur», come spiega il trailer. Luogo immaginario tra le montagne del Pakistan settentrionale dove «vivevano felici tre bambini e una capra», appunto fino all'arrivo dei malfattori nemici dell'istruzione, che come prima cosa chiudono la scuola. Per fortuna la maestra Jiya ha avuto un padre adottivo che le ha insegnato le arti marziali con cui darà ai cattivoni una serie di lezioni. Tutti contenti, dunque, i nemici dell'oscurantismo? In realtà, no, e anzi non mancano illustre femministe che accusano il cartone animato di lanciare un messaggio ambiguo. Bene per l'esortazione ad andare a scuola: ma perché l'eroina deve portare proprio il burka, ormai identificato come simbolo proprio dell'oppressione taleban? di Maurizio Stefanini

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