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Ucraina, Michela Mercuri: "Cosa attaccherà Putin dopo le tv". La profezia, un'escalation orribile?

Daniele Dell'Orco
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Da docente di Storia contemporanea dei Paesi mediterranei ed esperta di geopolitica, Michela Mercuri analizza con Libero le mosse di Vladimir Putin.

Prof.ssa Mercuri, la strategia di Putin è ormai cambiata da qualche giorno, ma "solo" ieri la Russia ha deciso di attaccare le telecomunicazioni e bombardare i ripetitori tv. Come mai?

«Sì Putin aveva in mente di realizzare un attacco lampo che sarebbe durato pochi giorni e mantenere intatte le città principali del Paese compresa Kiev, per poi forzare un "regime change". Ed è anche il motivo per cui tra gli obiettivi strategici non rientravano elettricità e infrastrutture. Ora il fatto che sia cambiato lo scenario lo dimostra questa che è una mossa di guerra "normale"».

In che senso?

«Un po' in tutte le guerre, penso alle recenti Primavere arabe come ultimo esempio vicino nel tempo, tv e mezzi di comunicazione vengono oscurati immediatamente. Non capita spesso di vedere un'offensiva militare così imponente con internet ancora in funzione, ad esempio».

Come dobbiamo interpretare questo segnale?

«Che ciò che è accaduto già ieri con attacchi pesanti su città come Kharkiv possa ripetersi entro breve anche in altre realtà al momento difficili da conquistare senza forzare la mano come Mariupol e ovviamente Kiev».

Coi civili armati e le milizie insieme all'esercito si rischia la carneficina...

«Purtroppo non mi sembra che Putin abbia molto a cuore il fattore emotivo. Da Mosca dicono che i civili sono al sicuro, ma credo che lui voglia andare fino in fondo. Conquistare la capitale è l'obiettivo principe».

I russi stanno provando a bloccare l'afflusso di armi e rifornimenti da ovest, cioè da Slovacchia e Polonia. Gli aiuti Ue potrebbero in questo senso ampliare il terreno di scontro?

«La risposta dell'Unione europea è stata per la prima volta forse decisa, compatta e coordinata, non solo dal punto di vista della fornitura di armi e addirittura jet [i sovietici Mig-29 e Su-25 dell'aviazione bulgara, polacca e slovacca che però al momento non sono ancora stati consegnati, NdR] all'esercito ucraino, ma anche nel cercare soluzioni tempestive per gli aiuti umanitari e la distribuzione degli esodati. Sono 10 anni che non si riescono a trovare soluzioni in merito e magari queste risposte emergenziali in una fase cruciale potrebbero diventare quelle ordinarie nel futuro dell'Unione».

Il rischio che il conflitto si possa spostare fino ai confini dei Paesi Nato c'è?

«Sì è innegabile. Resta il fatto che alla guerra si risponde con le armi, quindi è un rischio che l'Ue, e la Nato, devono cor rere».

 

 

In questo senso un fronte caldo che potrebbe aprirsi in queste ore è la città di Odessa, vicinissima alla Romania (Nato) e alla Moldavia. È per evitare questo che la Turchia ha bloccato lo stretto dei Dardanelli?

«Una decisione forte che non piacerà a Putin che magari avrebbe voluto inviare altre navi da guerra nel Mar Nero e tentare l'offensiva anfibia su Odessa, specie ora che la vicina Cherson sembra essere in mano russa. In generale la Turchia è difficile da interpretare perché è sempre stata in bilico nel rapporto tra Nato, di cui fa parte, e Russia. In vari teatri Erdogan e Putin si sono scontrati ma poi hanno trovato accordi di compromesso. Forse la Turchia stavolta ha capito che potrebbe essere più conveniente stare con forza con l'alleanza atlantica, o forse vuole proporsi come mediatore».

I colloqui intanto oggi dovrebbero tenersi di nuovo in Bielorussia...

«Sì ma io non sono molto fiduciosa. Sia Putin che Zelensky con la spinta dell'Occidente rimangono piuttosto fermi sulle posizioni. Erdogan per scrollarsi di dosso l'immagine dell'autocrate cerca spesso di porsi come arbitro in diverse crisi, da giorni si sta proponendo anche stavolta».

Ma se i negoziati falliscono come se ne esce?

«Con l'eventualità che uno dei due leader, Putin o Zelensky, vengano rimossi dai loro ruoli, e sono possibilità che possono succedere in caso di rivolta interna o fronti formati da vertici dell'esercito, capi di intelligence ecc., specie nel caso del leader del Cremlino, come accaduto a Mubarak o Ben Alì».

Si riferisce all'apertura del fronte interno in Russia. La situazione al momento sembra stabile...

«Sì, anche se le voci di frizioni interne ai vertici militari ci sono, ma i falchi Gerasimov [Capo di Stato maggiore, NdR] e Shoygu [Ministro della Difesa, NdR] sembrano essere con Putin. Certo che più la guerra va avanti più cittadini, oligarchi ed élite potrebbero manifestare malumori».

Tornando all'attacco ai media di Kiev, può essere un modo per metterli fuori uso visto che gli ucraini stanno usando molto bene informazione e propaganda?

«Il leader del Cremlino potrebbe essersi reso conto della capacità dell'uso di tv e social da parte di Zelensky, che per formazione sa bene che possono essere un fattore importante. Nella partita comunicativa l'Ucraina ha vinto».

 

 

Lei è un'esperta di Mediterraneo, come procedono le contromisure italiane alla crisi dal punto di vista energetico?

«Lunedì Luigi Di Maio è volato in Algeria per chiedere maggiori forniture di gas tramite il Transmed che arriva a Mazara del Vallo. Se la situazione lì non fosse un caos potremmo aumentare le forniture anche dalla Libia il gasdotto Mellitah che arriva a Gela, ma al momento copre solo il 4% del fabbisogno. Si potrebbe arrivare al 14% ma la condizione politica di Tripoli non lo permette».

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