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Pio d'Emilia, la guerra vista dalla Cina: "Putin ha rovinato i suoi piani", così il Dragone si mangerà lo zar e il mondo

Francesco Specchia
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A vederlo così, con la barbaccia ispida e canuta, il sigaro spento in bocca, il cappellino da baseball e la battuta elastica, Pio d'Emilia sembra uno di quei vecchi saggi dei film di Bud Spencer e Terence Hill. Invece è un collega pregiato, uno dei migliori inviati (per SkyTg24, ma ha scritto per le testate di mezzo mondo) sul fronte delle guerre più calde del pianeta. Pio, nel solco di Tiziano Terzani, è una sorta di samurai della notizia, ma anche uno yamatologo (un cultore di tutto ciò che sa di Giappone dato che ci vive da trent' anni). La sua opinione della guerra, dall'Oriente, scivola sul filo di una katana tutta politica.

Caro Pio, come si fa a raccontare la guerra in queste condizioni surreali di censura e fake news da smontare ogni giorno?
«Guarda, io sono uno dei pochi giornalisti occidentali ad avere il visto russo per le zone di guerra, ottenuto grazie ai miei buoni uffici a Tokyo. Solo che le redazioni - a parte la Rai che però non fa mettere il naso ai suoi fuori da Moscaritengono rischioso mandare lì inviati di pelo lungo. Poi, però, si finisce col mettere in pericolo pischelli free lance che arrivano con i loro mezzi senza alcune esperienza e copertura. Lo dico dopo 30 annidi free lance. Tra l'altro si potrebbe andare embedded, non c'è niente di male a farlo con i cattivi, basta dichiararlo prima».

Be', insomma, è complicato se vai a seguito dell'Armata Rossa, e non puoi pronunciare la parola "guerra" o "invasione" oppure se puoi inviare solo le immagini passate al loro vaglio...
«Mah, il pronunciare la parola "guerra" o "invasione" se vale per i media russi interni viene spesso eluso da Al Jazeera; e dal punto di vista pratico credo molto difficoltoso controllare tutti i collegamenti dei vari corrispondenti al fronte. E comunque, guarda, anche questa cosa del pensiero unico non va bene. Non va bene Orsini, ma neanche Edward Luttwak che dice che, a Dimartedì, la guerra è bellissima e consiglia la Ue di prepararla».

 

 

La guerra in Ucraina si poteva evitare?
«Secondo me, sì. Oggi foraggiare Zelensky lasciando le armi in Polonia facendole venire a prendere agli ucraini, mi pare una forma di ipocrisia filosofica e morale. Non serve inzolfare la situazione militarmente. E si doveva arrivare prima all'accordo a cui -vedrai- si arriverà tra poco: Donbass alla Russia con due repubbliche separate, riconoscimento della Crimea, e Ucraina fuori alla Nato; e allora c'era bisogno di fare tutto 'sto casino? Certo, ora io su Putin non so che dire: è imprevedibile, ma non so ancora se è malato, è un pazzo o applica una strategia lucidissima».

Una vulgata corrente vuole la Cina in attesa, pronta a schierarsi militarmente con la Russia e con un nuovo fronte multipolare di Paesi antioccidentali come l'India, il Pakistan o il Brasile. Un'altra tende a considerare la Cina arrabbiata per una guerra che le destabilizza gli interessi economici. Tu come la vedi?
«Si spera che Putin finisca il suo ciclo il prima possibile. La Russia è sostenuta ancora dalla Cina, ma non escludo che nei colloqui a due che hanno lo zar e Xi Jin ping (Xi parla il russo, un'altra con cui trattava direttamente era la Merkel), Xi gli dica, nel buio della loro stanzetta: "Vlad, ma che cazzo hai combinato?"».

Una raffinata analisi politica, la tua. Anche se in effetti è vero che i cinesi di solito le nazioni non le invadono, le comprano...
«Ma è così. I cinesi non hanno intenzione di fare la guerra. Oggi va di moda la parola "assertività", un par de ciufoli: la Cina vede l'Ucraina molto lontana, appoggia formalmente la Russia, ma traccheggia apposta fino al prossimo congresso del Partito tra quattro mesi. Lì hanno una sorta di Politburo, un consiglio superiore fatto di sette persone di cui almeno due hanno votato contro la maggioranza, e questo, di non avere più il consenso al 100%, per Xi è un fatto inedito».

 

 

Quindi mi stai dicendo che Xi traccheggia perché anche lui, come un qualsiasi politico italiano, ha l'orizzonte elettorale vicino?
«Ti sto dicendo che la Cina aspetta tranquillamente che gli altri la preghino di entrare in gioco, che gli si dica che è l'ultima speranza dell'umanità. Tra l'altro, sa perfettamente che le mediazioni non si annunciano ma si fanno. Secondo me, anzi, conoscendo i cinesi, la mediazione la stanno già facendo sottotraccia, ma non accettano che l'America li ammonisca: "Se non medi con la Russia, sono cazzi". D'altronde il loro interscambio con l'Europa è di 1.600 miliardi, mentre quello tra Cina e Russia è di 150 milioni, solo il 10%. Credi che tutto questo casino faccia piacere a Xi?».

Intanto però, mentre tentano di spostare il flusso del gas russo dalla loro parte, i cinesi riarmano le testate nucleari. Ti preoccupa?
«Ma no. I cinesi sono nella lunga marcia - come diceva Mao- in corsia di sorpasso con gli States per diventare la prima potenza al mondo. E per fare questo hanno bisogno di stabilità. E anche per questo non invaderanno mai Taiwan, la considerano già loro, non c'è bisogno. Così come la Corea del Nord non punterà mai i missili su Seul. D'altronde un popolo che ha costruito la Grande Muraglia non tende a fare la guerra, tende semmai a ripetere il miracolo di aver portato 800 milioni di persona dalla povertà alla classe media. La Cina, per dirti, ha l'alta velocità dappertutto; non solo a Pechino o Shanghai, ma anche nelle loro Teramo. E quando studiano la geografia, guardano il planisferio osservando non cinque continenti ma, quattro contando l'Eurasia che contiene l'India, la Siberia, l'Arabia e l'Europa, una provincia dell'Impero».

E ciò m'inquieta. E mi permetto di dissentire sul pacifismo della Cina. I vietnamiti che ne hanno subito l'invasione, per esempio, non la pensano così.
«È vero. Il mio discorso vale se togli il Vietnam, Taiwan, Hong Kong o il Tibet, che consideravano già territori loro».

Come i russi con l'Ucraina...
«Senti, senza polemica. Io sono 40 anni che vivo in Oriente e ormai ho metabolizzato il loro punto di vista. Il mondo è cambiato, sono cambiati pure i rapporti di forza, la Cina ormai è una potenza al pari dell'America, ma solo l'America finge di non averlo capito. Io non vedo la Cina nemica delle istituzioni, certo per noi che siamo cresciuti nei miti europei di Adenauer, Brandt e Kohl, sembra strano. Oggi si sa in Cina che comanda Xi Jinping (almeno fino al prossimo congresso del Partito), in Russia Putin, in America non comanda Biden. Ma, di fatto, un trio di Erinni, Avril Haines, Fiona Hill e Victoria Nuland, superfunzionarie che di fatto decidono la politica delle Casa Bianca. E questo favorisce la Cina, ovvio».

 

 

Ritieni Pechino una superpotenza illuminata anche sui diritti civili?
«Sui diritti civili la giochi facile. È ovvio che davanti alla violazione della libertà individuale noi occidentali alziamo le mani. Ma è anche vero che i cittadini cinesi, come quelli dei Paesi musulmani, non vedono tutta questa tragedia nell'essere privati dei diritti, la vedono come un prezzo da pagare per il benessere. I cinesi contro i dissidenti hanno tre step: prima ti isolano, se non ti penti ti sbattono in galera, e dopo chissà. Guarda Jack Ma di Alibaba; è tornato sui suoi passi e si è adeguato al Partito».

Dal tuo osservatorio privilegiato: come vedono la politica italiana, le nostre scelte internazionali, dall'altra parte del mondo?
«L'Italia nello scacchiere internazionale ha la stessa influenza del Giappone: zero. L'ultima volta che abbiamo avuto una politica estera apprezzata e degno di questo nome è stato con Andreotti e Craxi....». 

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