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Germania, perché la "caccia al filo-russo" è una farsa: a che gioco giocano a Berlino con Putin?

Daniel Mosseri
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«Dovremmo chiamare le cose con il loro nome: attualmente non si tratta tanto delle sanzioni e delle loro conseguenze, ma della questione se in futuro avremo ancora relazioni economiche significative con la Russia o meno. Prima il governo russo fermerà questa guerra, più queste relazioni potranno ancora essere salvate». C'è amarezza nelle parole di Oliver Hermes, presidente dell'Ost-Auschuss der Deutschen Wirtschaft (Oa), ossia del Comitato per l'Est dell'economia tedesca. Sostenuto dalla Confindustria tedesca (Bdi), l'ente promuove gli interessi delle imprese della Germania guardando a est e sudest dell'Europa. Tedesco saldamente occidentale, Hermes è l'ad del gruppo Wilo, produttore di pompe idrauliche con base a Dortmund. Le nuove sanzioni antirusse bruciano agli imprenditori tedeschi che facevano affari con Mosca. Ma oggi è l'ora della disciplina: «L'economia tedesca sosterrà le sanzioni che sono state imposte. Tuttavia, la cosa più importante ora è la sicurezza e la vita delle persone in Ucraina. Tra loro ci sono molte migliaia di dipendenti di aziende tedesche», aggiunge Hermes.

 


SCHOLZ CRITICATO

Il Comitato per l'Est è stato fondato nel 1952: l'Europa era appena uscita dal secondo conflitto mondiale, la guerra fredda era la regola e gli scambi fra Bonn e Mosca erano al minimo. Era stato l'avvento del nazismo a farle crollare, ma fino agli anni '20 le relazioni commerciali russo-tedesche erano molto solide, circostanza normale se si considera che un secolo fa i confini del Reich guglielmino abbracciavano la ricca Renania a ovest per spingersi fino a Königsberg in Prussia orientale, oggi Kaliningrad (l'exclave più occidentale della Federazione Russa). Lavorando durante 70 anni di gelo est-ovest, l'Oa ha contribuito a fare della Russia il quarto partner commerciale extra-Ue della Germania nel 2021. Un quarto posto a grande distanza dalla Cina, Usa, e Regno Unito ma forte di un picco nell'interscambio di beni e servizi per 80 miliardi di euro nel 2012. La cifra è scesa a meno di 50 miliardi dopo l'annessione della Crimea nel 2014, anno in cui l'Occidente ha adottato le prime sanzioni contro Mosca. Eppure, nel 2016, c'è stata una leggera ripresa e l'interscambio ha raggiunto di nuovo 59 miliardi intorno al 2021. L'anno scorso, la Germania ha venduto alla Russia merci e servizi per 26 miliardi importandone per 33 miliardi (soprattutto petrolio e gas). Dal 2022 si cambia: ad aprile l'Ue ha bloccato le importazioni di carbone russo da agosto mentre il petrolio russo non dovrebbe più entrare in Germania dalla fine di quest' anno. Resta il gas: il cancelliere Olaf Scholz è contrario a un embargo contro la galassia Gazprom. Mentre l'Italia si affanna a cercare nuovi fornitori di metano nel resto del mondo, la Germania si affiderà a dei nuovi rigassificatori ma per i prossimi due-tre anni Berlino continuerà a comprare gas estratto in Russia. È verosimile immaginare che dal 2025 la Germania chiuda con gli acquisti di oro blu russo?
Nessuno ha la sfera di cristallo: la guerra fra Mosca e Kiev dura da oltre 50 giorni e al momento le prospettive di un rilancio degli scambi non sono rosee: al contrario è di queste ora la notizia che il gruppo chimico Henkel di Düsseldorf (home care, personal care e sigillanti) ha annunciato la sua uscita di scena dal mercato russo. Anche la politica tedesca è entrata in fibrillazione con la Cdu di Friedrich Merz che ha chiesto le dimissioni di Manuela Schwesig. La governatrice dell'orientale Meclemburgo-Pomerania anteriore, il Land dove sboccano i gasdotti Nord Stream 1 e 2, avrebbe lasciato rappresentanti di Gazprom avvicinarsi un po' troppo alla cancelleria regionale di Schwerin. La Cdu sta anche progettando di mettere imbarazzo Scholz al Bundestag accusandolo di ritardare la consegna di armi pesanti a Kiev.

 

 

 

CON LO ZAR FUORIGIOCO...

Oggi tutto punta contro Mosca ma se le relazioni economiche sono ripartite dopo la Seconda guerra mondiale dovrebbero poter riprendere fiato anche alla fine del conflitto oggi in corso, soprattutto se Vladimir Putin dovesse uscire di scena. Al netto degli scossoni della geopolitica, a legare Mosca e Berlino restano gli imprenditori renani dell'Oa, le relazioni commerciali stabilite obtorto collo, ma non per questo rinnegate, fra Mosca e i distretti dell'ex Ddr e i massicci investimenti di tanti oligarchi di seconda fila in imprese, molta l'edilizia, in Germania. Lo scorso dicembre la Camera di commercio tedesco-russa ha condotto un sondaggio da cui è emerso che il 36% dei suoi membri voleva la fine immediata di tutte le sanzioni anti-russe, mentre un altro 57% voleva che il nuovo governo iniziasse a revocarle passo dopo passo. Poi è scoppiata la guerra.

 

 

 

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