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Svezia e Finlandia nella Nato, il piano di Joe Biden è un boomerang: verso la guerra totale

 Joe Biden

Fausto Carioti
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Se Finlandia e Svezia presenteranno domanda d'ingresso nella Nato, l'ombrello della protezione militare statunitense si aprirà su di loro subito, prima che la loro adesione sia ratificata. Dopo decenni di neutralità, indotta anche dal timore delle rappresaglie sovietiche e poi russe, gli elettori e la classe politica dei due Paesi si stanno decidendo al grande passo: poiché chi resta fuori dall'Alleanza rischia di fare la fine dell'Ucraina, tanto vale entrarci. Fonti diplomatiche spiegano che a Washington l'operazione è considerata praticamente fatta. C'è un ultimo problema da risolvere, però: Mosca ha minacciato ritorsioni militari. Il vice ministro degli Esteri, Alexander Grushko, ha promesso che «ci saranno conseguenze tra le più indesiderabili», e il vice presidente del consiglio di sicurezza, Dmitry Medvedev, ha avvertito che «se Svezia e Finlandia si uniscono alla Nato, ci si può dimenticare dei Baltici non nucleari».

 

 


IL PROCESSO DI RATIFICA
A spaventare è soprattutto la fase di transizione: quella in cui Helsinki e Stoccolma avranno chiesto l'adesione al Patto atlantico, ma non ne faranno ancora parte, poiché l'ingresso sarà ufficiale solo quando tutti i trenta Stati attualmente membri dell'Alleanza avranno dato il loro assenso. Sino ad allora, i due Paesi saranno in cima alla lista nera di Vladimir Putin e non potranno godere della protezione che stanno cercando, quella del soccorso militare reciproco previsto dall'articolo 5 del trattato Nato: «Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell'America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti...».


Per questo motivo, Finlandia e Svezia hanno chiesto di accorciare quel periodo. «La questione chiave è avere il processo di ratifica più breve possibile. Sarebbe la migliore garanzia di sicurezza che potremmo avere», ha detto la premier finlandese, Sanna Marin. Nessuno, però, può dare questa certezza. L'iter di adesione, che dovrebbe iniziare prima del vertice Nato in programma il 29 giugno a Madrid (l'annuncio della Finlandia è atteso il 12 maggio), nel migliore dei casi si concluderà entro la fine del 2022, sempre che qualcuno di quei trenta Stati non si metta di traverso.

 

 


IL VETO CROATO
È ciò che intende fare il presidente croato Zoran Milanovic, socialdemocratico, il quale ha già annunciato che metterà il proprio veto, qualora la decisione fosse presa a livello di capi di Stato (anziché di ambasciatori, i quali risponderebbero al governo e al parlamento, controllati dal centrodestra e probabilmente favorevoli all'allargamento della Nato). Pure il premier ungherese Viktor Orbán, amico di Putin, avrà qualcosa da ridire dinanzi alle domande d'ingresso dei due Paesi: come minimo, ne approfitterà per trattare e strappare concessioni economiche a Bruxelles, allungando i tempi. È un problema anche per il presidente americano Joe Biden. Il quale ha pensato di risolverlo prendendo qualcosa che assomiglia molto ad un impegno solenne. John F. Kirby, il portavoce del Pentagono, ieri ha detto che a Washington sono «fiduciosi di trovare il modo di affrontare eventuali preoccupazioni che i due Paesi potrebbero avere nel periodo tra la domanda di adesione e l'entrata effettiva nella Nato». Parole molto simili sono arrivate dal portavoce di Biden e da quello del dipartimento di Stato. Nessuno, quindi, nega che il processo di adesione possa essere lungo, ma l'idea è quella di rimediare garantendo protezione militare a Finlandia e Svezia anche durante questo periodo di "limbo". Una sorta di "articolo 5 informale", insomma. Che dovrebbe impegnare solo gli Usa, non potendo vincolare gli altri membri dell'Alleanza. E che darebbe, inevitabilmente, meno sicurezze di quelle previste dall'entrata ufficiale nel Patto atlantico. Eppure, Biden è convinto che possa essere decisivo per sciogliere gli ultimi dubbi dei finlandesi e degli svedesi.

 

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