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Mosca, "una mer*** in stile sovietico": uno choc, cosa mettono in mostra contro la Nato

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Carlo Nicolato
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Da quella di Mosca aperta in aprile le mostre sulla Nato sono fiorite ormai in tutta la Russia, dal confine con l'Ucraina, come ad esempio a Belgorod o a Kursk, fino a Vladivostok e addirittura oltre, sull'isola di Sachalin. Quella di Mosca al Museo di Storia Contemporanea si chiama "Nato. Cronaca della crudeltà", l'entrata è libera e le scuole sono benvenute, a patto che gli studenti abbiano più di 16 anni.

 

Un'attenzione d'obbligo visto che si parla di crudeltà, ma ancora più involontariamente azzeccata dal momento che protegge i minori non tanto dagli orrori delle guerre quanto da quelli della propaganda russa. «Questa mostra è una merda in stile sovietico» si leggeva ancora fino a qualche settimana fa sul libro dei visitatori cui la guida Yaroslav Polestrov con sfoggio di democratica eleganza accennava al termine del tour affinché si lasciasse un pensiero, anche non allineato. «Non lasciarti ingannare dalla propaganda. Pace all'Ucraina e al mondo intero, libertà e saggezza alla Russia! » scriveva un altro messaggio, uno degli ultimi prima che il libro fosse fatto sparire.

E come non essere d'accordo coi disincantati russi. La mostra ha ben poco di storico e ha perfino poco a che fare con la Nato, mettendo insieme le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki con la guerra in Jugoslavia, il Vietnam con l'attuale guerra in Ucraina. La guida Polestrov si guarda bene dal chiarire che i bombardamenti sul Giappone sono del 1945 e che l'Alleanza è nata nel 1949, oppure che in Vietnam c'era l'esercito americano non la Nato, ma che importa, il fine propagandistico giustifica la fake news, sottolineato dal suono di minacciosi aerei mandato in filodiffusione.

 

«È difficile parlare dei crimini commessi dalle truppe Nato» dice la guida tra gigantografie di bombardamenti, bambini feriti e madri devastate dal dolore, le stesse che potremmo vedere oggi relative a decine di città ucraine. Le bacheche che contengono indifferentemente bandiere americane, ucraine e svastiche, armi che provengono dall'Ucraina di marche occidentali, ma ovviamente non quelle di marca sovietica che sono le più utilizzate, sono lì per dimostrare il collegamento che è servito a giustificare l'invasione. «Dopo la Seconda Guerra Mondiale, uno degli obiettivi del processo di Norimberga era mettere al bando tali ideologie» dice Polestrov come un disco rotto, «ma guarda questo: i soldati ucraini stanno decorando spudoratamente i loro elmetti con simboli nazisti». «Un lavoro scadente» ha commentato uscendo all'Afp una professoressa di biblioteconomia seguita dai suoi studenti, «se lo sapevo non sarei venuta».

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