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Polmonite cinese, l'annuncio dei medici da Pechino: "Picco tra 15 giorni"

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Quattro anni fa, era il 31 dicembre 2019, la Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan (Cina) segnalava all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) un cluster di casi di polmonite a "eziologia ignota" nella città di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei. La maggior parte dei casi aveva un legame epidemiologico con il mercato di Huanan Seafood, nel sud della Cina, un mercato all'ingrosso di frutti di mare e animali vivi. Sembra un déjà-vu, ma a distanza di quasi quattro anni, la Cina si trova a fronteggiare un’altra impennata di casi di polmonite. Dalla metà di ottobre, infatti, racconta Alessandra Colarizi sul Fatto Quotidiano, il Nord-est della Cina è stato interessato da un significativo aumento di malattie respiratorie. Non ci sono ancora numeri precisi, ma secondo fonti di Caixin, molti reparti pediatrici a Pechino e Shanghai avrebbero quasi esaurito i letti disponibili. E la carenza di test rapidi e molecolari rende difficili le diagnosi. Intanto l’ondata di polmoniti ha raggiunto anche il Sud, dove molte scuole hanno sospeso le lezioni, mentre nei Pronto soccorso si comincia a segnalare un incremento di pazienti adulti

 

 

I medici cinesi, si legge sul Fatto, prevedono che le infezioni raggiungeranno il picco tra un paio di settimane, ovvero prima delle vacanze di Natale. Ma non è escluso che il contagio possa diffondersi tra gli anziani durante il lungo periodo di festa per il Capodanno cinese a fine gennaio dove molti si spostano per tornare in famiglia. Per ora, specifica Alessandra Colarizi, in Italia non c’è allarme. “Ho sentito vari ospedali pediatrici, a partire da quelli di Roma, dove abbiamo al momento zero casi di polmonite”, ha detto Francesco Vaia, direttore generale della Prevenzione sanitaria del ministero della Salute”, ma un po’ di preoccupazione – dati i precedenti – è ovvia. 

 


Preoccupazione, ovviamente, c'è anche in Cina. Ma, memori degli errori di inizio pandemia, stavolta le autorità non hanno esitato a condividere le informazioni con l’Oms, dopo che il Programma per il monitoraggio delle malattie emergenti (ProMED) aveva riportato – su segnalazione dei media taiwanesi – cluster di “polmonite non diagnosticata” nel Paese. L’Oms è comunque ancora in attesa di ricevere “pieno accesso” ai dati necessari a ricostruire l’origine del Covid-19.

 

 

 

Per la Cina, tornata frettolosamente alla normalità, il ricordo del Covid è lontano ma ancora nitido. Negli ultimi giorni, si legge sul Fatto, in alcune città sono ricomparsi i dabai, il personale in tuta bianca incaricato all’epoca del Covid di somministrare tamponi e di far rispettare le rigide misure sanitarie. I cittadini non sembrano dare troppo peso alle nuove polmoniti, ma è difficile non notare come la gestione della pandemia abbia intaccato la fiducia della popolazione nelle autorità. E viceversa: durante la festa di Halloween diverse persone che si erano travestite da dabai sono state trattenute dalla polizia.

 

 

 

 

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