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Navalny e Putin? Onore a chi sfida la propaganda del regime russo

Navalny

Roberto Formigoni
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La propaganda russa è già in azione, in fondo lo è stata sempre: Navalny era un estremista, uno sciovinista, e in più un matto. Hanno avuto la spudoratezza di prendere la foto di un raduno e di sostituire col volto di Navalny il volto di un manifestante che sventola una bandiera nazista. E la falsa foto circola sui social, e migliaia ci credono, ci vogliono credere. Ma voi non potete crederci. Alexei Anatolevich Navalny è un eroe.

Vengono in mente i nomi di Solgenitzin, di Sakarov, delle migliaia di testimoni che in questi decenni non hanno avuto paura di parlare del terrore instaurato dal regime sovietico prima e da quello putiniano poi. E delle decine, centinaia di migliaia di vittime dei gulag. Navalny è come loro, è stato più volte processato e condannato, ma poichè non cessava la sua missione di oppositore al regime è stato avvelenato col Novichok, il veleno del regime. Non è morto in quell’occasione, è stato curato in Germania. Ma ha voluto tornare in patria, pur sapendo il destino cui andava incontro. Perché lo ha fatto? Perché voleva combattere per il suo popolo, per liberarlo dalla schiavitù della dittatura putiniana, per aprirgli gli occhi. Ha dimostrato un coraggio d’altri tempi, voleva combattere in patria e perla patria e, se necessario, morire. 

E infatti è stato ancora processato e condannato, e infine rinchiuso nel carcere più disumano, oltre il Circolo polare artico. E lì è successo quello che doveva succedere, quello che tutti sapevano. Il mondo ha reagito con forza, questa volta, gli Stati democratici hanno alzato la voce, ci saranno altre sanzioni contro la Russia, l’Europa è stata compatta nella condanna, soprattutto l’opinione pubblica ha organizzato manifestazioni, significativa in Italia quella di Roma con la partecipazione di tutti i partiti. Ma ancor più impressionanti sono le scene dei cittadini moscoviti che sfidando la schedatura e l’arresto vanno ogni giorno a deporre un fiore nel luogo che hanno scelto per celebrarlo. Perchè Putin ha fatto tutto questo? 

 

E dico Putin anche se non è stato lui materialmente, ma il meccanismo di repressione brutale da lui instaurato, una macchina che si muove da sè, interpretando e spesso prevenendo i desideri del capo. Navalny, condannato a trent’anni, privato del diritto di parola, rinchiuso in un carcere inaccessibile, era ridotto all’impotenza assoluta. Perché ucciderlo? Perché le dittature hanno paura, l’hanno sempre avuta e quella russa non è diversa dalle altre. E la presenza, la sola presenza benchè nascosta, di un testimone, basta a spaventarle, a farle sentire deboli, in pericolo. Questa è la forza dei testimoni. Questa è (lo è ancora) la forza di Navalny.

 

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