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John Cao, il criminale armato di Bibbia: il pericolo pubblico n° 1 del governo cinese

Marco Respinti
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In carcere, un pericoloso criminale chiede una Bibbia. «Nella nostra prigione non hai diritti». Si arrabatta allora di sponda con qualche frase che la madre infila nelle lettere (mica tutte gli vengono però recapitate). Qualcun’altra la scova nella biblioteca della prigione, sfogliando La capanna dello zio Tom e persino Friedrich Nietzsche. Il 4 marzo il pericoloso criminale è uscito di prigione, scontata la sentenza. Quattro agenti lo portano altrove; arriva alle 2,30 del mattino. Ora il pericoloso criminale è agli arresti domiciliari di fatto, indebiti. Lo attendono cinque anni di rieducazione, per insegnargli «a non delinquere più».

Quel criminale incallito svolgeva e svolge infatti quell’attività estremista che è il mestiere del missionario, particolarmente sovversivo occupandosi di bimbi poveri, scuole e cibo. John Cao, cinese, 64 anni, è un pastore protestante: una celebrità dei misfatti neo-post-nazional-comunisti cinesi. Jamie Powell, sua moglie dal 1988, e i loro due figli lo attendono a Greensboro, North Carolina, da 7 anni, tanti ne ha scontati nelle confortevoli prigioni del compagno Xi Jinping. Si chiama Cao Sanqiang: «John» è il nomignolo occidentale. Molti asiatici lo fanno, per aiutare noi e per vezzo. Cinesissimo è l’uso di anteporre il cognome. Un po’ più che ventenne si fece cristiano grazie a una famiglia americana conosciuta in Cina. Dal 1990 risiede fisso negli Stati Uniti, ma non ha mai rinunciato alla cittadinanza cinese per impedire a Pechino di negargli l’ingresso nel Paese.

 

 

 

Formato nell’Alliance Theological Seminary (oggi chiuso) di Nyack, villaggio-gioiellino nello Stato di New York, Cao opera con la «China Outreach Ministry», una missione rivolta agli studenti cinesi degli atenei statunitensi. Ma ha scelto poi di andare sul campo, nella sua amata Cina, al servizio dei più miseri. Il patriottismo vero conosce verità che le pagliacciate di regime non riescono nemmeno a sognarsi. In breve tempo è diventato una star del movimento delle “house church”. La dizione non tragga in inganno: alcune contano milioni di aderenti. Sono i dissidenti che rifuggono la «Chiesa delle Tre Autonomie», cioè il “protestantesimo legale” creato dal regime negli anni ’50 mentre infiltrava pure taoisti, buddhisti, musulmani e cattolici. Per oltre 20 anni il pastore ha fondato scuole nella Cina centrale e meridionale. Dal 2014 lo ha fatto anche in Myanmar, nello Stato autonomo settentrionale di Wa, creando 16 scuole per oltre 2mila bambini poveri, più vettovaglie e abiti per le popolazioni Wa e Kachin. Lui e alcuni studenti cristiani cinesi varcavano regolarmente il confine imbracciando armi pericolose quali quaderni e matite o strumenti altamente sedizioni come le Bibbie.

Secondo Cao e suo figlio Ben, Pechino sapeva e benediceva. Ma non solo “i Greci” ‒ ricorda Virgilio in un gran proverbio ‒ sono da temere quando recano doni: soprattutto i nazional-comunisti cinesi. Il 5 marzo 2017 Cao e l’insegnante Jing Ruxia sono stati arrestati al confine sul fiume Shweli dalla polizia cinese della provincia dello Yunnan. Il 28 marzo, l’accusa: violazione dell’articolo 322 del Codice penale cinese per attraversamento illegale del confine organizzato per sé e per altri, roba da banda armata.

 

 

 

Cao ha avuto appena il tempo di gettare in acqua il cellulare, occultando l’identità di più di 50 maestri delle sue scuole. Ma mentre dal 9 febbraio 2018 Ruxia se l’è cavata con un anno dietro le sbarre, il 22 marzo al “master-mind dell’operazione” gli anni comminati sono stati sette, prima nel Centro di detenzione della Contea di Menglian a Pu’er, poi, dal luglio 2019, in una prigione di Kunming. Visite rarefatte e appunto niente Bibbia. Il pastore ha parlato per la prima volta dopo il rilascio l’11 marzo sul sito di ChinaAid, che dà sostegno legale ai cristiani perseguitati nell’ex Impero celeste. L’ha fondata e la dirige il pastore Bob Fu, dissidente ed esule. Attenzionato con la moglie per certe attività cristiane, quando aspettavano il secondo figlio nel 1996 ripararono nell’allora più libera Hong Kong onde sottrarsi all’aborto forzato imposto dalla «politica del figlio unico» in vigore allora, poi il Texas. Cosa fa oggi il pastore Cao ai domiciliari a Changsha, nello Hunan? Compone preghiere per la patria: «Signore, ancora una volta affidiamo il nostro bel Paese a Dio e benediciamo i compatrioti. Che ci sia concesso usare il miglior modo possibile per condurli a conoscere il Signore». Un criminalissimo, forse persino un pazzo.

 

 

 

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