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Francia, il sondaggio: cosa succederà ai ballottaggi

 Le Pen e Bardella

Mauro Zanon
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Lo spauracchio del presunto “pericolo fascista”, del ritorno della “bestia immonda”, dell’“estrema destra” al potere sventolato dalla sinistra francese, dai soliti sportivi engagé e dai salotti benpensanti non funziona più. La mossa di Éric Ciotti, presidente ribelle dei Républicains (Lr), il partito gollista, che dopo le elezioni europee ha siglato un accordo con il Rassemblement national (Rn) di Marine Le Pen e Jordan Bardella perle elezioni legislative riducendo in brandelli la famosa “dottrina Chirac” antifrontista, è condivisa da sempre più elettori francesi.

Secondo quanto evidenziato da un sondaggio Odoxa per Public Sénat, oggi, il principale pericolo per i francesi è rappresentato infatti dal Nuovo fronte popolare, l’alleanza delle sinistre (Partito socialista, Verdi, Partito comunista e France insoumise), e non dalla formazione sovranista. È il 47% degli elettori di centro e di destra intervistati a essere pronto ad alzare la diga contro l’avanzata di Jean-Luc Mélenchon, leader della France insoumise, e dei suoi compagni di coalizione, il 44% a stoppare la maggioranza presidenziale e appena il 41% a voler bloccare Rn. Insomma, il principale partito sovranista francese è oggi la formazione politica meno esposta alla strategia del voto di sbarramento. Un’inversione a U rispetto alle precedenti elezioni.

 

 

CAMBIO DI RUOLO - Il dato forse più curioso giunge dagli elettori di Renaissance, il partito del presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron. Il 71% degli aficionados macronisti voterà infatti per il candidato del Rassemblement national in caso di duello al secondo turno contro un candidato del Nuovo fronte popolare. La tendenza è ancora più marcata tra i militanti gollisti: il 77% dichiara di voler bloccare il fronte goscista, solo il 45% di voler stoppare l’avanzata di Rn.

Come evidenziato da Public Sénat, la popolarità e il carisma di Jordan Bardella spiegano il crollo della cosiddetta “diga repubblicana”, così come i toni incendiari di Jean-Luc Mélenchon, e le sue ambiguità sull’antisemitismo, spiegano i timori della maggior parte dei francesi.

Di certo il famoso “cordone sanitario” che doveva proteggere la République dall’ascesa di Rn sia a livello locale che nazionale non è più solido come un tempo. Nel 2002, la “diga repubblicana” permise al presidente in carica, Jacques Chirac, di essere rieletto con più dell’82% dei voti. Lo spauracchio rappresentato da Jean-Marie Le Pen, fondatore del Front national, incoraggiò gli elettori di sinistra e di centro a optare peril candidato di destra, con un netto aumento dell’affluenza alle urne rispetto al primo turno.

Nel 2022, Emmanuel Macron, dinanzi a Marine Le Pen, conquistò “soltanto” il 58,5% dei voti. «Nel 2024, lo sbarramento repubblicano sembra essere definitivamente sepolto, confermando il successo della strategia di “dédiabolisation” del partito lepenista», sottolinea Public Sénat.

Più nel dettaglio, solo il 42% degli elettori considera l’arrivo di Bardella a Matignon, dunque alla guida del governo in caso di coabitazione, una brutta notizia. La fina della logica dello “sbarramento repubblicano”, accanto all’aumento dell’affluenza alle urne, potrebbe favorire notevolmente il Rassemblement national alle imminenti elezioni legislative e consentirgli di avvicinarsi alla maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale.

L’81% degli intervistati ha dichiarato di essere interessato alle elezioni legislative del 30 giugno e del 7 luglio, un aumento del 19% rispetto alle elezioni europee di inizio mese.

 

 

STRATEGIE FALLITE - Questo rinnovato interesse potrebbe portare a un forte incremento dell’affluenza alle urne rispetto al 2022, quando votò solo il 47,5% degli iscritti alle liste elettorali. Una delle principali conseguenze dell’aumento dell’affluenza alle legislative potrebbe essere l’esplosione del numero di elezioni triangolari, ossia un secondo turno con tre candidati: per qualificarsi, un candidato deve ricevere almeno il 12,5% dei voti espressi dagli elettori registrati nella sua circoscrizione.

Subito dopo le elezioni europee, il politologo Jean-Yves Camus, direttore dell’Observatoire des radicalités politiques presso la Fondation Jean-Jaurès, aveva bacchettato chi si ostinava a demonizzare Rn, facendo finta di non vedere la mutazione del partito da quando Marine Le Pen ne ha preso le redini nel 2011. «Descrivere il Rassemblement national come una minaccia per la democrazia è una strategia destinata al fallimento, dal momento che meno della metà dei francesi è d’accordo con questa opinione.

È una strategia di evitamento, che continua a mascherare la mancanza di riflessione sulla natura ideologica, la struttura, le tendenze e le costanti del fenomeno Rn», spiegò Camus, definendo «semplicistica» la riduzione del voto Rn a «un voto identitario». L’inchiesta di Odoxa conferma la sua riflessione.

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