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La solita litania delle conferenze sul clima: l’Occidente deve pagare per tutti...

Non sarà mai abbastanza: certe liturgie, per sopravvivere, hanno bisogno di autoalimentarsi. Se con energia pulita o meno, non è dato sapere.
di Dario Mazzocchidomenica 9 novembre 2025
La solita litania delle conferenze sul clima: l’Occidente deve pagare per tutti...

3' di lettura

La liturgia può ricominciare. Inizia domani l’edizione 2025 della Cop30, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima che riunisce oltre 200 Paesi per discutere e negoziare politiche per affrontare i cambiamenti climatici. L’appuntamento è a Belém, in Brasile, e le cronache raccontano che la città amazzonica è alle prese con problemi infrastrutturali e ricettivi: è un anniversario speciale, perché dieci anni fa, nell’edizione di Parigi, fu siglato il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sul clima, con l’impegno a limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 °C. Dopo la sfilata dei capi di Stato e degli alti funzionari dell’Onu di questi giorni, le delegazioni inizieranno a darsi da fare, ma, dato che una liturgia che si rispetti prevede passaggi consolidati e rituali, c’è già indicata una direzione da seguire: le nazioni occidentali devono aumentare i loro sforzi economici.

A tirare la volata è il presidente brasiliano Lula da Silva, seguito dai rappresentanti africani e caraibici, sollecitati dal lascito dell’uragano Melissa, che ha colpito soprattutto la Giamaica. I cattivi di turno, a questo giro più che mai, sono gli Stati Uniti, ripresi dal segretario generale dell’Onu, António Guterres, perché il loro presidente, Donald Trump, è un negazionista. Nella retorica dal sapore terzomondista mancano spesso cenni alla Cina – ma tutto fa parte della consolidata liturgia. Si può fare di più e meglio? Sempre, ma nel frattempo, nel 2024 (dati dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, Iea) gli investimenti in tecnologie e infrastrutture energetiche sostenibili hanno toccato 2 trilioni di dollari, il doppio rispetto a quelli stanziati per i combustibili fossili. Trecentosettanta miliardi di dollari sono arrivati dall’Europa, 315 dagli Usa: la quota più alta è quella cinese, con 675 miliardi, ma le cifre vanno interpretate. I ritorni di queste ingenti somme si vedono e – a dispetto della facile retorica – si respirano: dal 1990 al 2023 le emissioni di anidride carbonica nell’area europea sono crollate del 37%, secondo quanto riportato dall’Agenzia europea per l’ambiente. Nell’intervallo 2013-2023, in particolare, il calo è stato ancora più marcato, con elettricità più pulita, minor uso di combustibili fossili e una contrazione confermata anche nel 2024.

Negli Stati Uniti, dal 2005 a oggi le emissioni sono scese del 17,2%, come riportava un rapporto dello scorso anno redatto dal Rhodium Group, centro di analisi e ricerca indipendente; le emissioni nette di gas serra sono calate del 15% tra il 2005 e il 2021 (Center for Climate and Energy Solutions). Di contro, la Cina continua a rappresentare circa il 35% delle emissioni globali di anidride carbonica, sempre secondo la Iea: dal 2000 al 2022, le emissioni legate all’energia sono schizzate del 245%, spinte dall’uso intenso del carbone. Quanto all’India, tra il 2019 e il 2023 le emissioni da combustibili fossili sono cresciute in media dell’8% all’anno, nonostante il -7% registrato nel 2020 a causa della pandemia di Covid-19. Piangersi addosso perché non si fa mai abbastanza è un altro tratto tipico delle Cop: è facilmente preventivabile che la litania si ripeterà a Belém. Trovare un capro espiatorio negli Stati del Primo Mondo fa parte del pacchetto. Eppure, tra stanziamenti pubblici e importanti iniziative private, la complessa macchina della cosiddetta sostenibilità è in moto. Ma non sarà mai abbastanza: certe liturgie, per sopravvivere, hanno bisogno di autoalimentarsi. Se con energia pulita o meno, non è dato sapere.