"Altro che dazi: perché gli errori dell'Unione europea possono fare peggio"

di Attilio Barbierilunedì 10 febbraio 2025
"Altro che dazi: perché gli errori dell'Unione europea possono fare peggio"
4' di lettura

«Il rapporto con gli Stati Uniti è così importante per l’interscambio commerciale che non ne possiamo fare a meno e deve prescindere da simpatie o antipatie dell’interlocutore di turno». Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia, protagonista di un aspro confronto alla puntata di venerdì della trasmissione “Otto e mezzo”, non ha dubbi: non possiamo prescindere dal rapporto privilegiato con gli Stati Uniti. «Negli ultimi dieci anni l’interscambio commerciale fra i due Paesi è triplicato», spiega, «e nel 2024 siamo arrivati a 110 miliardi di euro tra beni e servizi, con un vantaggio importante per il made in Italy che fa 67 miliardi di esportazioni e 43 miliardi di surplus. Chi pensa di sostituire un partner commerciale così importante non conosce ciò di cui sta parlando».

In che senso?
«Secondo i dati diffusi in settimana dalla Sace, mettendo insieme i quattordici mercati emergenti più importanti, come Emirati, Arabia, Turchia, Vietnam, Brasile nel loro insieme arrivano a stento a 80 miliardi di esportazioni per l’Italia. Soltanto verso gli Usa ne facciamo 66. Nel 2024 abbiamo stabilito il record assoluto di export food & beverage verso gli Usa a quota 7,8 miliardi, con una crescita del 18%. La Cina non arriva a un decimo».
E se arrivassero davvero i dazi americani? Non sarebbe la prima volta che gli Usa li impongono all’Europa... 
«Con la prima guerra commerciale fra Europa e Stati Uniti, scoppiata nel 2019 con i dazi Ue su Boeing e quelli americani su Airbus e su molte altre merceologie, hanno dovuto fare i conti i formaggi e i distillati. Ma nel medio-lungo periodo ne siamo usciti bene. L’export ha continuato a crescere a due cifre».
Ma secondo lei Trump ci metterà i dazi? 
«Onestamente non le so rispondere. La sospensione delle tariffe nei confronti di Canada e Messico si deve probabilmente alla considerazione che è una strategia autolesionista. Un dazio sull’import di cibo provoca un’immediata impennata dell’inflazione alimentare che è la peggiore di tutte. Già oggi in alcuni Stati Usa una confezione il latte si paga 7 dollari. L’inflazione alimentare è difficilissima da contrastare. Se la provochi con i dazi, voglio vedere come fa poi la Fed a tagliare i tassi d’interesse. E se i tassi non calano il dollaro rischia di rafforzarsi ulteriormente sull’euro. Da ottobre ha già guadagnato il 7,8% sulla nostra moneta. Con i tassi Usa più alti dei nostri l’effetto dei dazi rischia di essere totalmente vanificato dal cambio svantaggioso per gli americani, con una crescita delle importazioni e un calo dell’export di made in Usa. Le tariffe doganali sono sbagliate e pericolose per tutti, non soltanto per Trump».
Si spieghi... 
«Non si può criticare i dazi americani e poi esultare quando l’Europa alza le tariffe doganali nei confronti delle auto elettriche cinesi dopo che ci siamo legati mani e piedi all’elettrico. Anche la Cina si sta arrabbiando e ha minacciato a sua volta di imporre dazi sul nostro agroalimentare. Ci vuole coerenza per essere credibili».
È vero che ora l’Italia ha una credibilità maggiore di altri grandi Paesi europei? 
«Nel dialogo con gli Stati Uniti l’Italia è sicuramente più credibile, con un vantaggio per tutta l’Europa».
Come siamo arrivati a questo punto? 
«A prescindere dai rapporti personali dei leader, una Germania che fa la voce grossa sulle sanzioni contro la Russia e poi aumenta nell’ultimo anno del 500% l’import di gas naturale liquefatto russo, forse tanto credibile nei confronti degli Stati Uniti non è. Mentre noi possiamo far pesare l’aumento delle importazioni di gas liquefatto americano, più di qualsiasi altro Paese europeo. L’autorevolezza si gioca sui fatti, sulle scelte compiute. E comunque nessuno può dare lezioni di correttezza al resto del mondo».
Anche l’Europa? 
«Soprattutto l’Europa. Se dovessi dire cosa mi preoccupa di più, in questo momento, se il possibile dazio del 10% annunciato da Trump oppure l’irresponsabile uscita della Commissione Ue che ha rilanciato venerdì scorso la criminalizzazione del vino con un testo bocciato dal Parlamento europeo, farei fatica a indicare il rischio maggiore. La nuova proposta di Bruxelles non tiene conto della differenza tra consumo di qualità e responsabile ed abuso ed aggiunge alle etichette allarmistiche sui vini pure possibili nuove tasse. Rispetto al danno legato alla tariffa del 10% minacciata dal nuovo presidente Usa, quest’ultima uscita dell’Europa è perfino più pericolosa. Il nuovo Eurogoverno è partito su questo argomento col piede sbagliato e si è attirato immediatamente la reazione di tutto il mondo agroalimentare che è pronto a reagire a questo nuovo attacco al vino. Il peggio che abbiamo criticato a proposito della scorsa Commissione europea ritorna subito sul tavolo. Altro che Trump! La von der Leyen deve dimostrare di voler davvero prendere le distanze dagli errori del passato. Più sbagliato di così l’esordio del nuovo esecutivo Ue non poteva essere. Mentre siamo distratti dalla polemica sui dazi dalla Ue rischiano di arrivare proposte dannosissime».
Come quella sul vino? 
«Sì. Ma non solo».
Di cosa parla? 
«Il fondo unico in cui far confluire in un tutt’uno gli aiuti della Pac, la Politica agricola comune e i fondi di coesione, lasciando a ogni singolo Paese la scelta di come ripartirli. Trovare sinergie adeguate tra i fondi Pac e fondi strutturali con cui colmare il gravissimo deficit infrastrutturale e idrico è una cosa. Fare invece come la Commissione sembra volere un unico contenitore in cui unire tutte le risorse può rappresentare la fine della Pac e in definitiva la fine del mercato unico, con la nazionalizzazione senza regole di ogni scelta. Ci stiamo accapigliando attorno ai possibili dazi di Trump quando i primi atti della nuova Commissione Ue rischiano avere effetti dieci volte più dirompenti sulle nostre economie e soprattutto sul settore agricolo. Fra l’altro di Fondo unico se ne potrebbe parlare già martedì 11, dopodomani, quando l’Eurogoverno presenterà una possibile roadmap del provvedimento. Prima discussione al Consiglio affari generali della Ue il 21 marzo, con l’obiettivo di arrivare alla proposta in estate».