Matteo Salvini rischia di fare la fine di Pericle. E no, non è una buona fine. Parliamo di una delle pagine più buie della storia ateniese, della degenerazione delle sue istituzioni in un senso che si può definire “grillino”. Una degenerazione che trova la sua massima espressione nel racconto seguito alla battaglia delle Arginuse, spesso citato in storiografia come esempio lampante di come la demagogia possa uccidere la pratica democratica. All’italiana.
Breve ripasso: il periodo è quello della guerra del Peloponneso. Si fronteggiano la lega delio-attica di Atene e quella del Peloponneso, guidata da Sparta.
Come più o meno tutti ricorderanno, l’impero dell’illuminata Atene domina prevalentemente sul mare (tra massacri e violenze varie), mentre Sparta controlla più agevolmente la terraferma.
Ma non certo senza tentare sortite, tanto che nel 406 è Sparta che riesce a circondare le forze nemiche al largo della Turchia. Atene risponde con una spedizione di salvataggio disperata, mettendo ai remi anche i cittadini di alto censo, costretti a vogare vestiti solo di un perizoma e seduti su cuscini ingrassati per evitare di devastarsi le natiche. E con un colpo di reni Atene schianta Sparta, ma a caro prezzo. Decine di navi partite dal Pireo colano a picco e gli strateghi ateniesi non riescono a salvare i naufraghi a causa di una tempesta. Ma, come dicevamo, è il processo che ne segue la parte attuale.
Gli strateghi vincitori tornano in patria, inizialmente festeggiati, ma dopo poco il clima muta. Due generali scappano, gli altri vengono processati per aver permesso che migliaia di persone morissero annegate. Parte un rimpallo sulle responsabilità per le scelte fatte, probabilmente corrette ma diventate ormai errate a furor di popolo. Il tutto di fronte a un’assemblea che le fonti descrivono come rigorosa sul piano formale, ma che parrebbe agli occhi di un abitante del nostro secolo un caos totale, dove chiunque può prendere parola trasformando il tutto in uno show. Chi prende le parti dei processati rischia di finire a sua volta a processo. A presiedere ci sono dei “pritani” che vengono sorteggiati a caso. E in questo caso l’incombenza tocca a Socrate, proprio quel Socrate. È l’unica volta che ricopre una carica pubblica in città.
Ora, bisogna ricordare che non tutti nella culla della democrazia adoravano le regole dello Stato. L’astensionismo, per esempio, era alle stelle, tanto che durante le frequenti elezioni venivano dislocate per la città delle “trappole” per condurre gli abitanti nei luoghi dove si tenevano le votazioni, contro la loro volontà. E Socrate non amava questi sorteggi: «Ma voi scegliereste il nocchiero della vostra nave così?». Come dicevamo, però, in questa fase della vita della polis greca “uno vale uno” e di conseguenza così funziona. E il controllo di Socrate, comunque, non è efficace, tano che alla fine gli strateghi vengono processati “in gruppo”, confondendo responsabilità personali e collettive.
E condannati a morte. Tra questi, Pericle. Non “quel” Pericle in realtà, ma il figlio. La conseguenze di quanto successo, comunque, sono devastanti, non solo Atene perde alcuni dei suoi comandanti con più esperienza, ma terrorizza quanti vorrebbero prenderne il posto. E l’anno successivo la città subisce una rotta decisiva al largo dell’odierna Turchia. I marinai - come polli - vengono sorpresi durante la colazione, con gli equipaggi a terra. Uno scherzetto organizzato dallo spartano Lisandro, che guida la forza dorica anche se – teoricamente – la legge glielo impedirebbe. Mica fessi, nel Peloponneso. Gli ateniesi, invece, avevano molti difetti. E la loro giustizia faceva schifo. Resta da vedere se la nostra è meglio.
Il riferimento è al caso Open Arms e Matteo Salvini, che è arrivato in Cassazione (l’udienza di oggi è stata rinviata). Solo uno dei ministri di tutto il governo Conte viene processato per aver ritardato per giorni lo sbarco della nave in Sicilia – con relativo carico di migranti nonostante sia stato ampiamente dimostrato il coinvolgimento dell’esecutivo (a meno di non voler sostenere che nessuno fosse al corrente di un fatto di cui parlavano tutti i quotidiani d’Italia). Responsabilità collettive che diventano di un singolo. E d’altra parte quella pratica – quella di posticipare l’approdo delle navi Ong – è stata avallata anche dopo l’addio di Salvini al Viminale. I successori hanno tenuto imbarcazioni ferme in mare ancora più a lungo, senza che nessuno in procura si agitasse. Il tutto con il Pd nella compagine di governo, che pure ha votato per mandare a Salvini a processo. I governi italiani hanno continuato ad agire così perché è un metodo tutt’altro che sciocco, perché serve a dissuadere, perché meno sbarchi significa anche salvare vite, oltre che consentire al nostro paese di gestire in maniera decente i flussi migratori, con ovvie conseguenze. Si potrebbe dire che Salvini ha cercato di fare la cosa giusta. Ma lui e solo lui rischia di finire per anni in galera. Roba da bere la cicuta.




