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Facci: Mori invece sì

Filippo Facci visto dal nostro Vasinca

L'assoluzione del generale sulla mancata cattura di Provenzano certifica che l'ex ministro Martelli aveva "ricordi non sempre limpidi", perché autonominatosi "paladino dell'antimafia". Nonostante i suoi rapporti coi boss, mai approfonditi...

Giulio Bucchi
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In Sicilia, con lo stesso materiale probatorio e gli stessi pentiti, possono fare o - spesso - non fare qualsiasi cosa. Prendete Claudio Martelli, l'ex guardasigilli socialista. La sentenza che ha assolto il generale Mario Mori dall'accusa di non aver voluto catturare Bernardo Provenzano - ne avete letto ieri - spiega che Martelli ha avuto dei ricordi «non sempre limpidi» che paiono «largamente influenzati da quanto appreso a posteriori nonché, probabilmente, da un'inclinazione a rappresentarsi come un puro paladino dell'antimafia». Bene: ma come aveva fatto, uno come Martelli, a rappresentarsi come un puro paladino dell'antimafia? Spieghiamo meglio la domanda. Durante il processo Borsellino bis (1997) il pentito Cristoforo Cannella parlò di rapporti tra Martelli e il boss Leoluca Bagarella. In un'altra udienza (1997) il pentito Angelo Siino disse che ebbe un incontro con Martelli e che Cosa Nostra nel 1987 l'aveva votato. Durante lo stesso processo (2001) il pentito Giovanni Brusca parlò di un accordo tra Martelli e Cosa Nostra attraverso intermediari, con Riina che aveva dato indicazione di votarlo. E così dissero anche i pentiti Marino Mannoia a Salvatore Cancemi: accuse pesantissime che avrebbero potuto stroncare ogni aspirante «paladino dell'antimafia». Come mai non è accaduto? Semplicissimo: nessuno ha approfondito. Non ci sono stati processi. Martelli non interessava. Vedi titolo. di Filippo Facci

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