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Omar Abdelkafy, il seminatore d'odio in tour per l'Italia

Andrea Tempestini
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Durante la «notte della speranza» di Islamic Relief ognuno potrà esprimere il suo desiderio. Inshallah. Quello dell'egiziano Omar Abdelkafy, l'ospite d'onore della tournée italiana che dal 27 al 30 novembre prossimi toccherà Bologna, Milano, Torino e Verona, è semplice e chiaro: la fine di Israele. Per chi volesse conoscere meglio la sua dottrina, pur senza conoscere la lingua araba, ecco a titolo di esmepio una delle sue affermazioni più choccanti: «Il Corano riferisce che gli ebrei hanno portato nella loro storia la corruzione sulla terra». Se non fosse sufficiente per dichiarare loro guerra, il sapiente sceicco musulmano fa riferimento alla storia di Maometto e delle sue battaglie contro le tribù ebraiche dei Banu Quraisha. Per completare l'informazione, occorre ricordare che, a seconda delle ricostruzioni, nell'anno 627 a Medina, il profeta dell'islam aveva fatto decapitare un numero oscillante fra i 600 e i 900 ebrei. E poi dicono che quelli dell'Isis non sono musulmani. Forse perché non hanno ancora staccato altrettante teste. Per tornare ad Abdel kafy, tutta la sua opera omnia è disponibile sul web e anche su un canale di youtube appositamente dedicato alla sua predicazione, dove si fregia del titolo di cheikh imam. Lo si può vedere in versione doppiopetto, intervistato da giornalisti di tv islamiche che pendono dalle sue labbra e talvolta rimangono commossi fino alle lacrime dalle sue parole, ma è dal pulpito di una moschea, a contatto diretto con il pubblico, che dà il meglio di sé. In quelle occasioni, adegua l'abbigliamento alle circostanze: non indossa più la giacca e la cravatta, simboli della decadenza occidentale, ma si copre con la djellaba e, sul capo, mette lo zuccotto bianco. Non poteva sfuggire agli israeliani di MemriTv, che hanno raccolto, tradotto e sottotitolato un'estratto da uno dei suoi video più sbalorditivi, risalente al 18 gennaio scorso, pochi giorni dopo l'eccidio dei giornalisti di Charlie Hebdo e la strage di ebrei nel negozio kosher della capitale francese. Sicuro di sé, come ogni oratore che deve convincere l'uditorio, Abdelkafy spiega che gli attentati di Parigi non sono altro che la puntata successiva del film comico andato in onda l'11 settembre a New York City. Quel che lamenta, con toni scandalizzati, è «la commedia alla quale i musulmani sono assoggettati fino alla nausea in tutto il mondo». Se, per lui, la morte di migliaia di persone è soltanto un'occasione per ridere, non lo è altrettanto il coinvolgimento dei musulmani. Negazionismo e teoria del complotto a parte, per evitare il rischio di proclami antisemiti, dal 6 al 9 novembre scorso non gli è stato consentito di arringare le folle in Belgio. Gli organizzatori della Fiera musulmana di Bruxelles hanno comunicato che purtroppo, a causa di non meglio specificate circostanze personali, «il professore» non avrebbe potuto partecipare. Se otterrà il visto per entrare in Italia, dove la libertà religiosa e di espressione sono diritti inalienabili, cercherà di rifarsi con le quattro date che gli ha predisposto Islamic Relief, in quello che definisce un «tour di beneficenza per gli orfani del mondo». Purché non si tratti di raccogliere quattrini per i figli dei terroristi islamici suicidi di Gaza, perché in quel caso non si scherza più. Prendere le distanze dall'Isis per sostenere Hamas non fa più ridere nessuno. Tanto quanto le profezie sulla fine di Israele. Giusto per ricordare che ci sono dei limiti anche giuridici per i predicatori d'odio che transitano sul territorio italiano. di Andrea Morigi

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