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Massimo Bossetti all'ergastolo, Marita Comi: "Cosa sono stata costretto a dire ai miei figli"

Davide Locano
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«Massimo è innocente, ed è quello che ripeto ai nostri figli. Nonostante questa ultima bastonata, vado avanti. Non smetterò mai di lottare per la verità». Marita Comi sta vivendo un momento drammatico dopo la pronuncia in Cassazione di Roma che ha confermato l'ergastolo per il marito Massimo Bossetti, riconoscendolo dunque unico colpevole dell'omicidio della tredicenne Yara Gambirasio di Brembate Sopra (Bergamo), scomparsa il 26 novembre 2010 e ritrovata cadavere tre mesi dopo. La moglie ha atteso la sentenza chiusa in casa, quasi a voler prendere le distanze da ogni clamore mediatico. Quarant'anni, tre figli da crescere, una madre anziana ora da accudire, un fratello e una cognata vicini, Marita rompe il silenzio e parla attraverso l'avvocato Claudio Salvagni, tra i più agguerriti sostenitori dell'innocenza del muratore di Mapello che tra pochi giorni compirà 48 anni. «Ai miei figli dico sempre di non smettere di credere che il papà è innocente. Perché questa è la verità. Io ho dei bambini che stanno crescendo e se non fossi convinta della sua estraneità all'assassinio della piccola Yara, non sarei certo rimasta con lui». Ma cos'è che l'ha convinta e la convince della sua innocenza? «Lo conosco da quando eravamo ragazzi e so che non mente», spiega la signora Bossetti. Il giorno dopo la sentenza della Corte Suprema, la donna è andata in carcere a trovare il marito, piombato in una forte depressione. Tanto che si è parlato di una sua volontà di suicidarsi. Si è parlato anche di sciopero della fame avviato dal detenuto, ma in realtà - secondo il legale -, si tratta solo di uno stato di agitazione che gli ha chiuso lo stomaco. «È un momento drammatico per Massimo, per tutti», confida la moglie, «anche perché speravamo che almeno gli fosse concessa una superperizia, gli fosse cioè data la possibilità di ripetere la prova del Dna, invece nulla. Noi andiamo avanti, finché c'è una piccola speranza combattiamo». Ogni settimana Marita varca la soglia del carcere di Bergamo insieme ai figli. Non perde un colloquio, soprattutto in questo delicato momento in cui il sostegno familiare al coniuge è importantissimo. Leggi anche: "Perché Bossetti è innocente": la bomba di Vittorio Feltri IL TRASFERIMENTO A breve il carpentiere condannato di aver accoltellato, seviziato e ucciso la ragazzina ginnasta conosciuta non si sa dove, e di averla abbandonata in un campo a pochi chilometri da casa in una notte fredda di fine novembre, lascerà il penitenziario di via Gleno per essere trasferito come “definitivo” in quello milanese di Opera o Bollate. Marita sarà ancora lì, al suo fianco. «In carcere osserva gli altri detenuti, e mi dice che molti di quelli colpevoli alla fine si rassegnano e iniziano un percorso di ricostruzione. Invece Massimo non ci riesce, perché è innocente e quindi non accetta la privazione della sua libertà». La vita della signora Bossetti scorre lenta, tra gli impegni scolastici e sportivi dei figli che in parte riescono a distrarle la mente e a regalarle anche sprazzi di apparente serenità, e quelli lavorativi. Lei, che non ha mai lavorato prima dell'arresto del marito avvenuto nel giugno 2014, oggi si dà da fare come donna delle pulizie. Un peso che lo stesso Bossetti vuole alleggerire, tanto che ha chiesto di poter lavorare una volta trasferito in carcere a Milano. «Ripeto, Massimo è innocente, io lo so non solo perché abbiamo passato una vita insieme, ma anche perché alla fine non ci sono elementi che dimostrano la sua colpevolezza. Lo conosco troppo bene, non mi ha mentito». LA NUOVA BATTAGLIA L'avvocato Salvagni, che insieme a un pool di professionisti (difensori, consulenti tecnici, medici legali, periti, etc..) ha difeso in questi anni Massimo Bossetti “a titolo gratuito”, si prepara a una nuova battaglia legale. «Ora aspettiamo le motivazioni», dichiara il legale, «dopodiché decideremo il da farsi. Non ci arrendiamo. Se sarà necessario porteremo il caso fino alla Corte europea, siamo pronti a far causa allo Stato italiano». Il 12 ottobre la pronuncia della Cassazione ha di fatto bocciato tutte le richieste degli avvocati della difesa, compresa quella di una nuova perizia che è stata dunque ritenuta inutile, con le prove già in possesso ritenute sufficienti per la conferma della condanna. «Il diritto alla difesa in questo caso è stato leso», chiosa il legale, «e bisogna prendere atto che c'è un elemento del Dna che non torna ed ha lo stesso valore del nucleare: non è stata data spiegazione scientifica, ribadendo che interessava solo il nucleare e non il risultato del mitocondriale. Un dubbio che resta irrisolto e che ha spostato anche l'idea di innocenza verso Bossetti. Sì, perché dopo questa sentenza, tanta gente che fino a ieri si era mostrata colpevolista, oggi manifesta meno certezze. A noi, che di dubbi non ne abbiamo mai avuti, ha lasciato invece l'amaro in bocca». di Massimo Bossetti

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