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Cesare Battisti, Vauro non si vergogna: "Perché rivendico quell'appello"

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Maria Pezzi
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Vauro Senesi non fa una piega. Dopo l'arresto di Cesare Battisti rivendica ancora una volta l'appello firmato nel 2004 per l'ex terrorista dei Pac. "Mi assumo tutta la responsabilità politica e morale della mia firma sotto l'appello per Cesare Battisti del 2004", dice al Fatto, "in realtà fu una persona, della quale non farò il nome, ad apporla per me, dando per scontata una mia adesione. Avrei dovuto ritirarla al tempo e non lo feci per colpevole superficialità e malinteso senso di amicizia. Non l'ho fatto nemmeno successivamente, quando scoppiarono le polemiche, perché un ritiro tardivo mi appariva e mi appare come un atto ipocrita volto a scaricare le responsabilità personali di cui sopra". Insomma, il vignettista comunista né si vergogna né chiede scusa alle vittime, come vorrebbe il buon senso. "Cesare Battisti - scrive il vignettista - è un fantasma che viene da anni orribili, anni di piombo e di stragi, anni di connivenze criminali tra parti dello stato terrorismo e mafia. Anni nei quali in Italia il confine tra Giustizia e vendetta politica era divenuto labile ed ambiguo, tanto da giustificare la cosiddetta 'Dottrina Mitterrand' in base alla quale la Francia negò l'estradizione di Battisti. Anni che sono stati rimossi e mai analizzati". Infine: "Battisti andrà in carcere come è giusto che sia se ha commesso fatti di sangue ma Giustizia sarà davvero fatta solo quando quella polvere sarà spazzata via, quei segreti svelati, quelle connivenze recise. Quando finalmente questo Paese deciderà di fare i conti con la propria storia".

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