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Pietro Senaldi: "Aumentano i gay", Libero massacrato per aver detto la verità

Giulio Bucchi
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Ieri Libero apriva il giornale con il titolo «Calano fatturato e Pil ma aumentano i gay». Ero convinto che la notizia di cui preoccuparsi fosse quella economica, alla prima riga. Invece che il Paese vada in malora pare non interessi a nessuno, è scoppiato un putiferio sulla seconda parte, che ha scatenato l'ira della fazione grillina del governo, delle associazioni omosessuali e della nutrita schiera di benpensanti di cui il Paese abbonda, tutti specializzati a sentenziare senza prima leggere, in base ai pregiudizi che hanno in testa e ai dettami del politicamente corretto. Ma d'altronde, come diceva Albert Einstein, che non era proprio un idiota, «è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio». E noi di Libero siamo oggetto di pregiudizio, sbagliamo per definizione. José Mourinho, se si interessasse ai nostri guai, ci definirebbe vittime di razzismo intellettuale. Ci processano perché abbiamo detto che sono in crescita gli omosessuali. Dove sta l'offesa? È fattuale, taglierebbe corto Crozza. La cosiddetta società civile e le associazioni lgbt - se così si dice - hanno speso anni a convincere i gay a non vergognarsi e a fare outing, spiegando che non c'è nulla di male se un uomo preferisce un altro uomo a una donna. Quando però questi vincono le loro paure ed escono dal guscio ecco che, se un quotidiano riporta la notizia, finisce nell'occhio del ciclone. Eravamo fiduciosi che fosse una statistica che facesse piacere alla comunità gay, tant'è che il caporedattore di Gaynews, Francesco Lepore, che abbiamo intervistato sull' argomento, l'ha commentata con entusiasmo. Purtroppo però dobbiamo constatare che c'è gente a cui il nostro titolo non è piaciuto; evidentemente non sono contenti dell'aumento della comunità omo, che invece a noi non fa né caldo né freddo, la riteniamo semplicemente una notizia da dare perché segna un'importante mutazione della nostra società. Per pudore chiamiamo sui giornali e in tv gli omosessuali «gay» e non nei mille altri modi in cui la gente, anche chi oggi punta il dito contro di noi, li battezza volgarmente a telecamere spente. Poi però basta che un giornale non amato dai sacerdoti del politicamente corretto scriva che essi sono più oggi di ieri perché la notizia diventi indecente. L'omofobia ce l'ha in testa chi ci critica, senza neppure averci letto. A noi invece il boom della comunità omo non imbarazza e lo raccontiamo con innocenza. Ma forse il problema non è il fatto in sé, quanto che l'abbiamo riportato noi, viene il sospetto. L'avesse fatto qualcun altro, sarebbe filato tutto liscio. Non vorrei tirarmela, ma denuncio alla Federazione Nazionale della Stampa una campagna mediatica di intimidazione ai danni della nostra testata. Volete la prova? Siamo stati perseguiti dall'Ordine dei Giornalisti per il nostro «Patata bollente», riferito alle disavventure amministrative e sentimentali della sindaca Raggi. L' rdine però non ha fatto nulla contro il direttore di Chi, Alfonso Signorini, condannato dal tribunale per aver sostenuto le stesse cose, solo in toni più espliciti. Perché Signorini no e io sì? Meglio non approfondire, ognuno si dia una risposta, ma è evidente che i discriminati siamo noi, non i gay. Il nostro titolo non offende e non ghettizza. Non si può più scrivere gay sui giornali? Ce lo dicano, ci adegueremo, a patto che valga per tutti. Ma a quel punto ci ritroveremmo in Iran, dove se qualcuno enfatizzasse che i gay aumentano finirebbe sulla forca, non in una democrazia occidentale. OFFENSIVA GRILLINA - Ci fanno notare: che nesso c'è tra il calo del fatturato e del Pil e l'aumento dei gay? Nessuno diretto, e infatti nella titolazione non abbiamo legato le due notizie con un rapporto causa-effetto. Abbiamo scattato una fotografia del Paese, specificando nel sommario che l'Italia è economicamente a terra e gli omosessuali sono gli unici a non sentire la crisi, tant'è che aumentano. Non piace il titolo? Non comprateci, ma lasciateci in pace. Abbiamo aperto in quel modo solo perché la notizia ci sembrava più interessante di quella a cui la maggioranza degli altri giornali ha deciso di dare la massima rilevanza ieri, ovverosia la rinuncia della Germania, in polemica con il ministro Salvini, di inviare una nave in più nel Mediterraneo per salvare i profughi. Ognuno fa le sue scelte. Berlino non vuole soccorrere i migranti e usa il Viminale come pretesto per sfilarsi e i nostri giornali, anziché fare le pulci alla Merkel, ne approfittano per attaccare il governo accusandolo di nazismo e danno a prescindere ragione alla Germania, malgrado sul tema abbia un curriculum più ricco del nostro. Questa è disinformazione, ma nessuno si scandalizza, nessuno apre giudizi. Va di moda solo il processo a noi. In particolare ci attaccano i grillini. Si starebbero attivando per tagliare immediatamente ogni tipo di contributo a Libero. «Bisogna stare sul mercato», dicono. Ma in realtà tolgono i soldi solo a chi li critica e li aumentano a chi canta nel loro coro, come le radio, e per noi studiano leggi speciali, sullo stile di quelle per gli ebrei negli anni Trenta. Infatti hanno in mente per Libero la soluzione finale e non si preoccupano neppure di nasconderlo. La coppia Luigi Di Maio, vicepremier, e Vito Crimi, sottosegretario all'Editoria - secco e bombarda, ma sarebbe meglio chiamarli Minus e Habens - vuole avviare una procedura per chiuderci subito. È un comportamento talmente liberticida da aver meritato perfino le critiche della Federazione Nazionale della Stampa, che giudica l' iniziativa «ritorsiva, sbagliata e ingiusta» e accusa Minus e Habens di «usare il manganello contro la categoria per consumare vendette e regolamenti di conti». IL VERO PROBLEMA - Cari governanti, delle due una: o Libero è un giornalaccio che non vale nulla, come dite, e allora non si capisce perché ve ne curiate così tanto, oppure vi dà fastidio, perché non vi piace quel che dice, e perciò che gli muoviate guerra dai vostri scranni di governo configura un attacco alla libertà di stampa e alla Costituzione. Da alfieri della democrazia diretta, dovreste fare di tutto perché sopravviva, per difendere, con la nostra, la vostra libertà, come diceva Voltaire, che aveva un pensiero più raffinato di Rousseau. Visto che vi interessate delle nostre miserie, permetteteci di occuparci brevemente delle vostre. Non perdete tempo con Libero, avete cose più importanti alle quali pensare. Gli italiani non vi giudicheranno sui contributi alla stampa, ma sulla promessa che avete fatto di abolire la povertà. Come denunciato dal nostro titolo («calano fatturato e Pil»), siete ancora lontani dall'impresa, e forse è proprio questo, più che la parte sugli omosessuali, ad avervi fatto saltare la mosca al naso. A destare scandalo, in questo Paese che si scalda solo per le cavolate, dovreste essere voi, che organizzate una festa per il varo dello stipendio a chi non lavora e mandate sul palco un comico a dire: «I grillini mi hanno dato una poltrona all' Unesco perché non conosco la geografia, ma d' altronde è giusto così, basta con questi plurilaureati». E giù applausi. Uno spot all' ignoranza e all' incompetenza, bel programma per centrare l' obiettivo del boom economico che avete di recente promesso. Chi si somiglia si piglia, forse per questo siamo destinati a non andare d' accordo. di Pietro Senaldi

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