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Cassazione, assolto un 60enne: fece sesso con una bimba di 11 anni

La Cassazione salva l'uomo: "Era una vera storia d'amore". Lei era in affidamento

Andrea Tempestini
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Ma se per un giudice della Cassazione un uomo di sessant'anni che si porta a letto una bambina di 11 è amore, solo amore, e una condanna a 5 anni per violenza va annullata e rimandata in Appello perché l'attenuante della relazione sentimentale non è stata presa in considerazione, a noi che resta?  La notizia l'ha raccontata con dovizia di particolari  Il Quotidiano di Calabria. A Catanzaro una mamma in difficoltà affida la sua bimba di 11 anni ai servizi sociali del comune. Le dicono: siete una famiglia disagiata signora, lasci fare a noi. E lei, la mamma disagiata, decide di fidarsi. Prende la sua bimbetta adolescente, coi suoi 11 anni di giochi, codini e Winxs e  la porta negli uffici dei servizi sociali. «In fondo alla scala a destra, signora...» dove c'è quell'impiegato così gentile, con quell'aria da medicone di paese.  Da quel giorno tra l'impiegato  per bene e la ragazzina in difficoltà comincia una storia allucinante, fatta di corteggiamenti, letterine, messaggi. Poi le gite al mare nella villa di famiglia che resta vuota durante l'inverno, e infine il sesso. Come una coppia di amanti qualunque, come il più banale e il più visto dei rapporti clandestini.   Il giorno dell'arresto il sessantenne viene trovato a letto nudo con la bimba, nella sua casa estiva. La piccola è svestita anche lei e lo abbraccia. La polizia che ha fatto irruzione nella casa non ha dubbi. Finisce come deve finire: l'arresto e poi la condanna a 5 anni di carcere per violenza sessuale. Fino a quando un solerte avvocato non fa notare che la ragazzina era consenziente quando faceva sesso con l'impiegato comunale e dunque non è stata considerata l'attenuante della relazione sentimentale. Di lì il ribaltamento della sentenza.  Amore dicono i giudici. Non pedofilia come siamo abituati a considerare e giudicare qualunque rapporto con un  minore. E a sostegno della tesi si portano le centinaia di intercettazioni fatte dalla polizia. Dalle quali emerge che l'undicenne lo assillava quotidianamente con la domanda che fanno tutte le amanti: «Mi ami?. E lui all'inizio tentava di fermarla perché temeva un gravidanza indesiderata, ma poi sai com'è,  uno alla fine cede e si lascia andare.  Sempre le intercettazioni dicono che lei lo chiamasse in continuazione quando era sola in casa, e lui le rispondesse dal cellulare, imbarazzato e durissimo: «Non cercarmi  il sabato e la domenica, lo sai che sono in famiglia».  Anche quella mattina del 22 giugno di tre anni fa andò più o meno così. Lei indossava la gonnellina bella per «incontrarlo» in macchina, perché tornare nella casa di Roccelletta sarebbe stato rischioso. E lui fu più duro del solito: «Mi sento addosso gli occhi di tua madre, non devi aprire bocca con nessuno e non devi raccontare della casa di Roccelletta perché questo è un segreto che dobbiamo portarci nella tomba».  Amore dicono i giudici. Anzi no scusate: una relazione sentimentale. No. Non è vero. Avvocati, giudici, fino all'ultimo praticante di tribunale avranno fatto ogni cosa a norma di legge in questa orribile vicenda. Ogni cavillo sarà stato considerato, ogni telefonata sarà stata risentita fino all'inverosimile, fino alla nausea. Ma noi no. Noi che siamo solo gli spettatori inermi dell'orrore, le mamme e i papà che tremano ogni volta che nostra figlia adolescente chatta su facebook o ha lo sguardo assente e un po' smarrito a tavola, noi non possiamo leggere, girare il capo, e fare finta che sia tutto ok. Che non sia violenza. Che davvero sia possibile un rapporto d'amore tra un 60enne e una bimba di 11 anni.  Anche se lei scriveva sms. Anche sei lei diceva «mi ami»,  metteva il vestito «degli incontri in macchina» e aspettava che mamma uscisse  a comprare il pane per rifugiarsi nella sua cameretta e fare una telefonata al suo amore. Anche se lui, forse, pensava davvero di amare quella bimba. Qualcuno dirà che al giorno d'oggi le undicenni sembrano giovani donne fatte e finite, che vestono come le grandi e ammiccano come loro. Era dovere di quell'uomo  vedere l'orrore di quello che stava facendo. Sentire la puzza di violenza e perversione e fuggire lontano, preservando se stesso e la bambina dal più aberrante dei finali. E invece no: lui, che faceva l'impiegato per i servizi sociali e avrebbe dovuto strappare la ragazzina al disagio, sussurrava al telefono dalla sua poltroncina calda di marito e impiegato irreprensibile: «Non chiamarmi a casa...». E già te lo vedi il sabato fare la spesa, vedere gli amici e raccontare alla moglie indaffarata in cucina le ultime dal Comune come se nulla fosse. Diceva talvolta alla bimba: mi sento addosso gli occhi di tua mamma. Ma ve lo immaginate cosa deve aver provato quella mamma a sentirsi dire che l'uomo che doveva aiutare la sua bambina aveva abusato di lei? Che lei stessa aveva consegnato la figlia all'orco? Anzi, l'aveva  raccomandata?   Pensavano fosse amore i giudici. Invece era violenza e schifo e orrore. di Simona Bertuzzi

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