Il principio è sempre lo stesso: se c'è di mezzo Silvio Berlusconi vale tutto. Soprattutto se la questione è giudiziaria. Soprattutto se c'è da tutelare la magistratura. La questione gravita attorno al processo Ruby, e nel dettaglio riguarda il pm dei minori del Tribunale di Milano, Annamaria Fiorillo, che fu "censurata" dal Csm per aver parlato alla stampa quando non avrebbe potuto farlo. Nel dettaglio, la Fiorillo smentì la ricostruzione offerta dall'allora ministro dell'Interno, Roberto Maroni, sulla notte del famoso affidamento di Ruby a Nicole Minetti. Maroni affermò che l'affidamento avvenne "su indicazione del pm dei minori di turno la sera del 28 maggio", ossia la Fiorillo. Una circostanza che è stata poi ritenuta falsa dal Tribunale di Milano nel corso del processo Ruby. Così la Fiorillo "reagì" spiegando la sua verità alla stampa (con due interviste e un comunicato stampa). "Assolta" - Il pm dei minori, insomma, parlò dell'indagine in una sede in cui, secondo il Csm, non aveva diritto di farlo. Così la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura l'aveva "censurata" per aver violato il diritto al riserbo, e quindi il dovere di imparzialità. Peccato però che ieri, lunedì 14 marzo, le sezioni unite della Cassazione hanno annullato la sentenza disciplinare del Csm, spiegando che la Fiorillo ha fatto bene a rompere il silenzio poiché c'era in gioco "la professionalità e l'onorabilità dei magistrati, nonché la loro autonomia e indipendenza". E poiché, proseguono le sezioni unite, "la verità raccontata dai media si sovrappone alla verità storica e si fissa nella memoria collettiva con un irrecuperabile danno all'onore", l'unica via percorribile sarebbe stata quella di rivolgersi ai media. Peccato però che, secondo il Csm, la Fiorillo, prima di parlare, avrebbe dovuto attendere la fine del processo. Ma tant'è. Per la toga nessuna sanzione, nessuna "cenusra". Se c'è di mezzo Berlusconi...
