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Domenico Arcuri, scandalo mascherine: "Otto contatti al giorno con l'indagato", la posizione si complica

Alessandro Gonzato
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Ci sono stati 1.282 contatti telefonici in 5 mesi, tra gennaio e maggio 2020, tra Mario Benotti, presidente del Consorzio Optel e di Microproducts It, e il commissario all'emergenza Covid Domenico Arcuri. 1.282 in 5 mesi: una media di 8 al giorno. Benotti, nell'ambito dell'indagine che riguarda la commessa di un miliardo 250 milioni di euro affidata da Arcuri a tre consorzi cinesi per l'acquisto di 801 milioni di mascherine avvenuto attraverso l'intermediazione di alcune imprese italiane, è indagato per traffico di influenze illecite. In sostanza avrebbe fatto leva sulla conoscenza di Arcuri per farsi pagare dai cinesi commissioni che non gli spettavano. Ieri Arcuri ha dichiarato che «dall'inchiesta sulle mascherine risulta evidente che la struttura commissariale, oltre che il commissario straordinario (al momento estranei all'indagine) sono stati oggetti di illecite strumentalizzazioni da parte degli indagati affinché quest' ultimi ottenessero compensi non dovuti dalle aziende produttrici».

 

Arcuri ha anche annunciato che potrebbe costituirsi parte civile per chiedere i danni. Quattro le società coinvolte nell'inchiesta: Microproducts It, Sunsky srl, Partecipazioni Spa e Guernica Srl. Le accuse, a vario titolo, sono di concorso in traffico di influenze illecite aggravato dal reato transnazionale, riciclaggio, autoriciclaggio, ricettazione, illeciti amministrativi in materia di responsabilità amministrativa degli enti. Oltre a Benotti (giornalista Rai in aspettativa ed ex capo della segreteria dell'ex sottosegretario Sandro Gozi, estraneo alla vicenda), sono sotto inchiesta Andrea Vincenzo Tommasi (titolare della Sunsky), Daniela Guarnieri, Antonella Appulo, Jorge Edisson Solis San Andrea, Daniele Guidi, Georges Fares Khozouzam e Dayanna Andreina Solis Cedeno.

 

Secondo i pm, dicevamo, Benotti avrebbe speso l'influenza di Arcuri per ottenere 12 milioni a titolo di intermediazione. Alla Sunsky, grazie alle provvigioni riconosciute dai consorzi cinesi, ne sarebbero andati 59. Le operazioni contestate risalgono al 25 marzo, al 6 e al 15 aprile 2020, quando in Italia le mascherine erano introvabili. Gli ordini riguardano sia le "chirurgiche" che le "Ffp2" e le "Ffp3". Ieri la guardia di Finanza di Roma ha sequestrato in via preventiva agli indagati 69,5 milioni di euro in beni. Tra questi, una villa intestata alla società Guernica (attraverso la quale sarebbero avvenute le importazioni di mascherine) auto, moto, uno yacht, orologi (tra cui un Daytona in oro bianco e diamanti) e bracciali (il più costoso un Tiffany da 14 mila euro).

«Le intercettazioni», hanno scritto i pm nel decreto di sequestro, «hanno dimostrato l'esistenza di un accordo tra Andrea Vincenzo Tommasi e quello che quest' ultimo definisce il suo "partner nell'affare delle mascherine", Daniele Guidi, nonché tra il duo Tommasi-Benotti e Jorge Solis, per la migliore conclusione dell'affare. Le conversazioni captate», prosegue il documento dei magistrati, «portano a ritenere che mentre Tommasi e Guidi hanno curato l'aspetto organizzativo e in particolare i numerosi voli aerei necessari per convogliare in Italia un quantitativo così ingente di dispositivi di protezione, compiendo i necessari investimenti, Solis sia stato in possesso del necessario contatto con la Cina».

 

 

Le indagini bancarie, stando a quanto dichiarato dal gip, hanno accertato che gli indagati hanno già provveduto a distrarre e occultare parte delle somme percepite, e che l'hanno fatto tramite pagamenti fittizi, prelievi personali, investimenti in beni e polizze assicurative. Per chi indaga, siamo di fronte a un «comitato d'affari» pronto a stringere un «lucroso patto (occulto») con la «pubblica amministrazione». Il pm ha definito «singolare quanto raccapricciante» un'intercettazione in cui Solis auspicava per novembre un nuovo lockdown nazionale, ché avrebbe portato nuovi affari. Dall'esame del traffico telefonico risulta un fittissimo scambio tra Benotti e Arcuri. Per gli inquirenti è significativa la conversazione del 20 ottobre 2020, ore 8.15, che Benotti tiene con Guarnieri, alla quale confida la frustrazione per il fatto che Arcuri a un certo punto si sia «sottratto all'interlocuzione». silenzi e segnali Benotti, secondo la ricostruzione dei magistrati, avrebbe interpretato quell'improvviso silenzio come il segnale di una notizia riservata, un qualcosa che - aveva detto alla Guarnieri - «ci sta per arrivare addosso».

Ad ora, hanno evidenziato i pm, «non c'è prova che gli atti della struttura commissariale siano stati compiuti dietro elargizione di un corrispettivo». Gli avvocati di Benotti attaccano. Hanno definito il sequestro «inspiegabile», «una grave ingiustizia». Impugneranno il provvedimento. «La procura di Roma», hanno dichiarato, «mette sotto accusa Benotti che non ha fatto altro che agire, nella sua veste di personale consulente, su esplicita e reiterata richiesta, orale e scritta, del commissario all'emergenza, per favorire l'arrivo in tempi rapidi di un rilevante quantitativo di dispositivi. Tra l'altro», prosegue la nota, «il commissario aveva fatto a Benotti un'uguale richiesta anche per reperire ventilatori polmonari per i reparti di terapia intensiva».

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