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Guerra e virus, le amnesie dei diritti: ecco cosa ha scordato Marco Travaglio

Iuri Maria Prado
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Durante l'epopea apulo-venezuelana del governo Conte, con il Paese presidiato dalle cure del Supercommissario dei banchi a rotelle, dalle prescrizioni dei verbali secretati e dall'istigazione alla delazione del ministero della Salute, pochi denunciavano che i provvedimenti per il contenimento del Covid apparivano spesso inutilmente gravosi per le libertà costituzionali, assicurando plateali violazioni dei diritti individuali senza garantire apprezzabili livelli di prevenzione. Quei pochi potevano avere ragione o no, ma tra loro non figurava chi, come fa ora Marco Travaglio, denuncia che la guerra è un'altra scusa per calpestare i diritti costituzionali.

 

 

Si può capire che il fervore pacifista ottenebri le facoltà critiche del giornalismo post-grillino: ma una militanza del Fatto Quotidiano a tutela dello Stato di diritto esposto alla gragnuola dei decreti personali di Sua Eccellenza Conte noi non la ricordiamo. Né ricordiamo provenire da quelle parti la teoria secondo cui il Covid era una "scusa" in forza della quale "molti diritti costituzionali" erano "calpestati o minacciati".

 

 

 

Ricordiamo piuttosto, dalle conferenze stampa di Travaglio a Telecinquestelle, la difesa strenua, proprio causa Covid, di qualsiasi sproposito liberticida uscisse da Palazzo Chigi. Ma al difensore del punto di riferimento fortissimo di tutti i congiuntivi non mancheranno argomenti per giustificare anche questo, e magari domani ci spiega che la firma sui Dpcm era falsa. 

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