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Bollette, a rischio la stagione sciistica: bomba sulle vacanze

Claudia Osmetti
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«È una decisione difficile, ma non ci sentiamo di avviare una stagione in questi condizioni. Ci sono troppe incognite». Se la cerchi su Google, la stazione sciistica Panarotta 2002, un piccolo comprensorio di appena sette piste a qualche decina di chilometro più a est di Trento, trovi scritto: «Temporaneamente chiuso». Epperò quel "temporaneamente" resterà così per (almeno) tutto l'inverno 2022-23. Hanno deciso di non riattivare gli ski-lift, a Panarotta. Ma quale SuperG, qui lo slalom è tra le bollette da capogiro. Mazzate che in un mese solo, quello di dicembre, Matteo Anderle, che alla società Panarotta 2002 fa il presidente, stima possano arrivare intorno ai 60mila euro. Come fai? «L'anno scorso, nello stesso periodo, abbiamo ricevuto un conto di 20mila euro, adesso pensiamo di pagare il triplo.


Non è sostenibile. Non c'è neanche la certezza della neve naturale». Il che, forse, a noi comuni mortali, evoca giusto scenari romantici di caminetti accesi e monti imbiancati e cioccolate calde da sorseggiare alla finestra, ma a loro, ai tecnici della montagna, a chi sui cucuzzoli ci lavora, fa pensare come prima cosa al portafoglio.
 

 

 

CONSUMI NECESSARI
Per innevare un ettaro (che corrisponde, grosso modo, a un campo da calcio e mezzo) di pista per il bob o perla discesa vengono consumati circa 95 milioni di metri cubi di acqua e impiegate, su per giù, 600 gigawattora: vuol dire che, prima della crisi energetica, il costo superava abbondantemente i 130mila euro. Vai a capire adesso, praticamente è un collasso solo a pensarci. Ed è proprio quello che vogliono evitare, il collasso, in Trentino: annunciando già da ora, e siamo solo metà ottobre e non abbiamo ancora messo la sciolina a carving e snowboard, che no, a Panarotta quest' inverno non si scierà. «È un salto nel buio e non possiamo fare i kamikaze. Non possiamo nemmeno illudere i nostri collaboratori che saremo stati in grado di terminare la stagione», continua Anderle, «li aiuteremo a trovare un'altra collocazione». 

 

 

 

Ché gli imprenditori, dello sci o meno, del Trentino o della Lombardia o del Piemonte, sono fatti così. Son gente pratica, seria, che i problemi li riconosce e sa che, davanti a certi altolà, con l'incertezza del gas, della guerra in Ucraina, del Covid, mica si scherza. Tra l'altro, l'allarme sciovie, lo stanno lanciando su tutto l'arco alpino. Dal Sestriere alle Dolomiti. Quest' anno è dura. Chi può (dopo il blocco totale del 2020 causa coronavirus e la ripartenza a posti limitati dell'anno scorso) stringe e i denti e ci prova. Chi non può si arrende. «I costi dell'elettricità sono saliti alle stelle, le nostre aziende sono preoccupate perla stagione», rincara il presidente dell'Associazione degli esercenti funviari dell'Alto Adige, Helmut Sartori: «Sono in gioco migliaia di posti di lavoro». Una sfortuna dietro all'altra, per il comparto degli sport invernali. La settimana bianca e il conto in rosso: non è la migliore delle combo possibili. Ma siccome i nostri imprenditori, dello sci o meno, del Trentino o della Lombardia eccetera, sono anche persone che le pensano tutte, che le provano tutte, si stanno organizzando alla bisogna. 

 

SETTIMANA CORTA
In Piemonte, per esempio, con la "settimana corta" e l'"oscillazione" del prezzo dello Skypass in base all'andamento del mercato di Amsterdam: nel senso che potrebbero «ridurre il numero degli impianti aperti, chiudere in alcune giornate feriali o vendere i ticket variabili a seconda del costo dell'energia». Tutte idee, niente di concreto, fa sapere Giampiero Orleoni, il presidente dell'Arpiet, al secolo l'Associazione delle imprese piemontesi del trasporto a fune: «Gli impianti da noi apriranno, ma se il prezzo dell'energia rimarrà a questi livelli dovranno arrivare aiuti dalla politica».

 

Mette le mani avanti, Orleoni. Ché è sempre meglio essere chiari fin dal principio quando in ballo c'è l'economia di un settore che da un biennio buono è in bilico sul crinale della vetta. In Valtellina, pure: a Livigno, Bormio e Santa Caterina, per il momento, di chiudere non ne vogliono parlare. Ma qualcosa bisogna fare per non rimanere impanatati nella matassa dei super costi di luce e gas. E se da un lato, ormai, è quasi scontato che biglietti, attrezzatura e lezioni oltre lo spazzaneve, nonché hotel e ristoranti, per questo rincarato 2022, saranno più salati (sulleDolomiti lo skipass costerà sette euro in più rispetto al 2021 e l'abbonamento stagionale il 2,3%; in Valle d'Aosta il ticket giornaliero lievita dell'8,5%; in Lombardia del 10%), dall'altro in alcuni Comuni della provincia di Sondrio, tra cui proprio il Piccolo Tibet di Livigno e la Magnifica Terra di Bormio, hanno già deciso di fare a meno delle luminarie di Natale. Sarà un fine anno un po' meno "sbrilluccicoso", ma in un colpo solo sistemano due inghippi: risparmiano sulle maxi bollette e destinano risorse ai cittadini in difficoltà (magari proprio a causa delle bollette). Nel mezzo c'è lo sci. 

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