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Venezia, la lezione del Mose: ambientalismo nemico dell'ambiente

Corrado Ocone
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Ha ragione Matteo Salvini: il perfetto funzionamento del Mose, che ha fatto da barriera a un picco d'acqua che avrebbe sommerso Venezia, è la migliore risposta che si possa dare al "partito del no", al gretismo diffuso che è sempre pronto a riempire le pazze ma è tremendamente vuoto nella testa. Perché il paradosso è proprio questo: l'ambientalismo ideologico, che è poi quello che ha maggiore corso oggi in Europa e non solo in Italia, è il primo nemico dell'ambiente stesso.

Questo tipo di ambientalismo sogna una età arcadica mai esistita, in cui l'uomo viveva, si immagina, in una perfetta e felice simbiosi con la natura. Ed è perciò nemico, a prescindere, della Tecnica, cioè di tutte quelle conquiste che all'uomo hanno invece permesso di adattarsi a un ambiente che per lo più gli è ostile e perfido. La Natura viene così elevata a feticcio o idolo pagano, considerata buona per principio; mentre l'uomo viene quasi considerato un virus, uno scarto prodotto dal processo che sarebbe giusto eliminare. Ci si dimentica della lezione di Giacomo Leopardi che la natura la considerava matrigna, affascinante e pericolosa al tempo stesso, da rispettare e amare ma anche da controllare e domare nella misura del possibile e dell'umana finitezza. Gli esempi dei cortocircuiti che crea l'ambientalismo ideologico, che trova espressione compiuta nel "partito del no", sono tanti e macroscopici, e ad alcuni di essi fa cenno lo stesso Salvini nel post pubblicato sui suoi social. In primo luogo, l'agognato e mai realizzato Ponte sullo Stretto di Messina: se costruito, sarebbe non solo un volano per l'economia locale e nazionale, ma, eliminando battelli e navi di stazza pesanti in transito nel Golfo, diminuirebbe di colpo gli altissimi livelli di inquinamento oggi presenti in quella zona e che ne danneggiano non poco anche l'immagine turistica.

Stesso discorso per l'Alta velocità, che se realizzata eliminerebbe gli inquinanti e dispendiosi trasporti su gomma e gli ingorghi e le fila di macchine. E che dire delle centrali nucleari, altro tabù della sinistra nostrana, che sono alla prova dei fatti il tipo di energia più pulito, oltre che sicuro, che abbiamo oggi a disposizione?

Che dei fanatici e estremisti esistano in tutte le società è forse fisiologico, che essi abbiano così tanto ascolto e riscontro nelle politiche nazionali e comunitarie è a tutta prima un mistero. Il quale, in verità, si dirada se sol si tiene conto del fatto che, morto il marxismo e venute meno tutte le altre teologie politiche messianiche e palingenetiche del secolo scorso, la sinistra ha bisogno di miti e surrogati a buon mercato per compensare la perdita di senso che ne è derivata. Di questa necessità i più furbi ovviamente approfittano, sia per conquistare e tenere salde le posizioni di potere, sia per lucrarci su e guadagnare economicamente. La saldatura fra l'opinione pubblica di sinistra, la governance globale e il potere economico è uno degli elementi più caratterizzanti delle classi dirigenti occidentali attuali. Alla cui forza per fortuna resistono ancora in tanti: soprattutto coloro che usano fino in fondo e disinteressatamente il loro spirito critico, nonché tutte le persone semplici che hanno innto un (esso sì "naturale") intuito o istinto di buon senso.

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