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Acca Larentia, Francesco Storace: una strage ancora senza giustizia

Francesco Storace
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Non solo un "presente", ma memoria, ansia di giustizia, sentirsi degni di un sacrificio orrendo quale la perdita - violenta - della vita per le proprie idee politiche. Anche ieri, come per 45 anni consecutivi, il ricordo dei martiri di via Acca Larentia a Roma. La strage del 1978 in un quartiere popolare di Roma, al Tuscolano, dove furono assassinati Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta e poche ore dopo Stefano Recchioni: i primi due per mano di un «nucleo per il contropotere territoriale» rimasto ignoto e il terzo da forze dell'ordine piuttosto sbrigative. Quella strage fu uno spartiacque anche nel mondo di destra, da allora partì quella lotta armata - in numeri assolutamente ridotti rispetto al brigatismo comunista - che si voleva contrapporre ai "rossi" e al "sistema".

E colpisce il silenzio della sinistra di fronte ad una strage che fece drammaticamente storia per la comunità della destra, e non solo quella romana. I social pieni del dolore di chi ricorda quei ragazzi ammazzati e il vergognoso mutismo (ma con una significativa eccezione) che spiega le parole pronunciate da Giorgia Meloni in Parlamento all'insediamento del suo governo sull'antifascismo con la chiave inglese.

Ad Acca Larentia furono pallottole sparate con una mitraglietta Skorpion, ma la sostanza non cambia: appartenevano al Msi e tanto bastava per sparare addosso a quei giovani. L'estrema sinistra ci riprovò anche l'anno successivo, nello stesso luogo, ma per fortuna senza riuscire a spargere altro sangue. «Furono eroi», ha scritto Fabio Rampelli, Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni. E forse ha voluto riconoscere il loro sacrificio anche il Comune di Roma: ad Acca Larentia - ed è un bel gesto, anche se unico nella giornata- ieri era rappresentato anche il Campidoglio con l'assessore alla Cultura, Miguel Gotor. «Per ricordare quelle vittime», perché «in nessun modo la militanza politica può giustificare la violenza e lo spargimento di sangue». 

Fu una strage rimasta impunita, 45 anni trascorsi senza giustizia. E quei nomi restano scolpiti in una storia dimenticata da tutti ma non da una comunità che ogni anno si ritrova, da qualunque parte d'Italia, a fermarsi un minuto per rendere onore a quelli che giustamente sono definiti Martiri. Furono assassinati in modo barbaro, mentre uscivano dalla sezione di Acca Larentia per andare a fare volantinaggio nel quartiere Prati, e ancora oggi purtroppo troppi commenti "da sinistra" ai post in memoria di quei ragazzi sono sempre più violenti. A giustificare persino una strage. Un'istigazione continua proprio nel nome di quell'«antifascismo militante» evocato in volantini e azioni. Le conseguenze erano sanguinarie. E come potrebbe la destra che piange quei lutti a dichiararsi oggi antifascista se non c'è rispetto per quelle vittime di ieri? Ecco, glielo scriva in risposta, a quegli agitatori social, anche l'assessore Gotor, glielo dica lui di chi si parla ogni anno di 7 gennaio. Glielo racconti che cosa possa significare, ancora oggi, che Franco, Francesco e Stefano avevano 18, 19 e 20 anni... 

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