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Milano, la bosniaca regina dei furti: 32 anni, aspetta il decimo figlio

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Claudia Osmetti
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Copione di una storia già vista. Letteralmente, al cinema. In quel vecchio film del 1963 con Sophia Loren e Aldo Giuffè, “Ieri oggi domani”, in cui la furba Adelina, per evitare il carcere, si faceva mettere incinta dal marito.

Una, due, tre volte. Dieci: sono quelle della cittadina bosniaca di 32 anni che, ieri, a Monza, ha evitato (di nuovo) le manette. Con la stessa identica scusa di Adelina-Loren, cioè col pancione in bella vista. L’ennesimo. L’ennesima gravidanza “salva arresto”.
L’hanno beccata, sì, gli agenti della polizia brianzola: l’hanno rintracciata, era assieme al suo compagno, in un albergo della città, giovedì notte, l’hanno fermata e l’hanno anche identificata.

Però dopo non hanno potuto fare niente se non spegnere le sirene, tornare in commissariato e avvisare l’autorità giudiziaria che sarebbe stato necessario disporre un nuovo rinvio (nuovo nel senso che è successo svariate volte, mica una e magari per sbaglio) per l’esecuzione di quella pena che lei, la bosniaca, ha scritta fitta fitta sulla sua fedina penale e che dice: quasi otto anni di reclusione.

Macché. Di farglieli scontare non c’è verso. Con tutta calma, davanti ai poliziotti, ha tirato fuori un certificato medico, guardate-un-po’-qua, che attestava il suo stato di dolce attesa e arrivederci: nel senso più proprio di ci-vediamo-la-prossima-volta. Forse. Era pure ricercata: i militari non è che han fatto un blitz a casaccio, sono arrivati all’hotel perché è scattata una segnalazione “alert”, una di quelle che indicava (appunto) la presenza in una struttura ricettiva di una persona su cui pendeva un mandato d’arresto. Aveva dato il suo nome alla reception come se nulla fosse.

Come se la procura di Imperia, in Liguria, non le fosse alle calcagna per una sfilza di reati che la metà basta e avanza: reati contro il patrimonio e anche contro la persona, che la 32enne aveva iniziato a commettere quando era ancora minorenne, ossia quando di anni ne aveva appena tredici. Scippi, furti, violazioni delle norme sull’immigrazione e sulle armi.

IL MODUS OPERANDI
Un’epopea che si è ripetuta in diverse città, in diversi momenti, dal 2004 al 2022, ma sempre e comunque con lo stesso metodo: i poliziotti che la fermano e lei che si trova in condizioni personali o famigliari che impediscono l’arresto formale. Tanto per farsi un’idea: nel marzo scorso, ma è solo a titolo di esempio perché di impedimenti simili lei ne ha accumulati una marea, a Milano, il questore meneghino le aveva vietato l’accesso all’intera rete metropolitana e ferroviaria, compresi i passaggi di superficie e le aree nelle immediate vicinanze.

Durata della misura: dodici mesi. Durata della detenzione (ancora da scontare): sette anni, undici mesi e nove giorni. Ammontare di una multa (ancora da pagare): 4.060 euro euro. Passare alla cassa e chi s’è visto s’è visto. L’hanno salvata i nove figli che, in questo periodo, ha cresciuto: più il decimo, che adesso è in arrivo, che le ha fatto scampare l’ultimo arresto e il relativo trasferimento in prigione.

LA LEGGE
È la legge, bellezza: la legge che prevede che l’esecuzione della pena per le donne incinte o che hanno un figlio di età inferiore a un anno sia differita a tutela della saluta della donna e del nascituro.

Eppure «da qualche mese l’articolo 146 del Codice penale è cambiato», afferma il deputato di Fratelli d’Italia (ex vicesindaco milanese ed ex assessore regionale alla Sicurezza in Lombardia) Riccardo De Corato: «Tale procedimento, infatti, ha spesso permesso alle borseggiatrici seriali di rinviare continuamente il loro ingresso in carcere. Ora, la procura, in seguito a recenti pronunce del tribunale di Sorveglianza di Milano, ha ritenuto che la disposizione dell’articolo 146 debba essere intesa dal magistrato di sorveglianza, il quale può procedere a un giudizio di bilanciamento e quindi può spedire la delinquente in carcere. Per le borseggiatrici occorrono pene più severe».

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