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Rovereto, lo zio di Pamela Mastropietro: "Ancora un nigeriano. Ora datemi del razzista!"

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Bisogna dire le cose come stanno, secondo Marco Valerio Verni, zio di Pamela Mastropietro e legale della famiglia. Sentito dall'agenzia Adnkronos sull'omicidio di Iris Setti, di 61 anni, uccisa a Rovereto da un nigeriano di 37, sbotta: "Non si deve aver paura di essere tacciati di razzismo o di incitamento all'odio razziale quando si denuncia l'innegabile. Molte di queste aggressioni, le più violente come quella subita da mia nipote ammazzata a 18 anni, sono compiute da stranieri, provenienti per lo più dall'Africa e, in particolare, dalla Nigeria".

Quello che è accaduto a Rovereto, prosegue Verni, "è un qualcosa di tragico ma che non ha, o non ha più, dell'inverosimile: di aggressioni violente, ormai, si ha sempre più spesso notizia dai media, anche se, in alcuni casi, si preferisce quasi nasconderle in trafiletti di poche righe, mascherando, peraltro, la nazionalità di chi le compie, con artifici lessicali che lasciano interdetti, come 'italiano di seconda generazione' o 'italiano di origini di questo o quel Paese'. Fin quando, poi, non si sfocia in tragedie come queste". E ancora, attacca lo zio di Pamela Mastropietro: "Che qualcosa non abbia funzionato, è evidente, visto che siamo di fronte a una persona che, sempre a quanto appreso dalla stampa, aveva già dato segni di squilibrio quando, circa un anno fa, sempre a Rovereto, aveva aggredito dei passanti e poi anche i carabinieri intervenuti sul posto. Analizzare i dati e i fatti, vuol dire cercare di prevenire situazioni estreme, sempre che poi, nel passaggio successivo, si abbia il coraggio anche di monitorare chi è deputato a gestire il tutto".

"L'integrazione", precisa Verni che è portavoce del Comitato nazionale sulla criminalità etnica in Italia, "non è una mera parola di cui gonfiarsi la bocca, ma è un processo vero e proprio, lungo e complesso. Occorrerebbe un costante monitoraggio anche psicologico, per queste persone, soprattutto perché, se è vero che scappino da situazioni di guerra o di gravi crisi umanitarie e/o economiche, è indubbio che possano aver sofferto dei traumi. A ciò, poi, si aggiunga la diversità valoriale e culturale nel concepire alcune tematiche. Ecco perché è importante non tergiversare più: giusto pensare a intervenire nel continente africano attraverso, magari, il 'Piano Mattei", "occorre invertire la rotta", conclude.

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