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Concita De Gregorio contro Meloni: "Così ha autorizzato le manganellate"

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Quando si parla di manganelli e proteste di piazza, a Repubblica si esaltano sempre. D'altronde, per chi da anni grida all'onda nera e alla presunta deriva cilena/sudamericana a cui è destinata l'Italia in caso il centrodestra vincesse le elezioni, una volta che a Palazzo Chigi il governo c'è arrivato da solo e in termini di ordine pubblico non è cambiato nulla, occorre per forza inventarsi qualcosa. 

Gli scontri di piazza di Torino, con qualche centinaio di studenti ed esponenti dei centri sociali venuti a contatto con il cordone delle forze dell'ordine nel tentativo di contestare la presenza della premier Giorgia Meloni in città sono l'occasione buona per Concita De Gregorio, una delle prime penne del quotidiano diretto da Maurizio Molinari, per esibirsi in un nuovo, accorato editoriale-denuncia. Nel regime immaginario in cui vivono gli opinion leader della sinistra, il titolo del pezzo è pura melodia: "Chi autorizza i manganelli", con catenaccio evocativo "La presidente sulle barricate non può far finta di niente".

 

 

 

 L'esordio è al fulmicotone: "Non vorrei che a forza di vedere immagini di violenza della polizia, pestaggi, manganellate, calci a corpi a terra, ci stessimo assuefacendo". Sfugge a molti (ma forse ai lettori di Repubblica no) quale il sia il clima di repressione continua a cui accenna la De Gregorio, che avverte: "Non vorrei che passasse il principio di raccomandare ai figli meglio che tu non esca a manifestare", un po’ come "non bere, non mettere la minigonna che sennò poi quelli non si controllano, ti stuprano e te la sei andata a cercare". Chi ha memoria lunga, non lunghissima, ricorderà che più o meno le stesse frasi riecheggiavano nei giorni, sì drammatici, del G8 di Genova nel 2001. E viene il sospetto che per avvalorare la tesi della necessaria, eroica resistenza ai neo-fascisti al potere ai progressisti occorra agitare lo spauracchio della repressione, appunto.

Il dibattito sulla provocazione dei protestanti e la reazione dei poliziotti è ovviamente aperto, come sempre accade in questi casi. E chi ha vissuto  la piazza sa che a volte basta una parola di troppo, magari reiterata, a scatenare le maniere forti degli agenti. Peraltro, molti dei manifestanti erano professionisti delle barricate, provenienti dagli agguerriti centri sociali torinesi. Ma la De Gregorio è sicura: la colpa è dei poliziotti. 

 

 

 

"Era una manifestazione contro la presidente del Consiglio - ricorda l'editorialista di Repubblica -. Ce ne sono state centinaia, migliaia negli anni e nei decenni, contro i governi di ogni colore. Il dissenso è un principio cardine della democrazia". Sottinteso: democrazia oggi a rischio. E dopo aver ricordato le parole della Meloni appena insediata ("Mai e poi mai avrebbe impedito o limitato le manifestazioni di dissenso. Se non violente, certo, e quella di Torino non lo era"), ecco la domanda telefonatissima: "Alla prova dei fatti, ha qualcosa da dire?". Fino allo scatto successivo: "Se tace, presidente, autorizza". Attendiamo fiduciosi la prossima manifestazione di testa. E immaginiamo che dalle parti di Largo Fochetti, sotto sotto, auspichino un altro bel "frontale" per ricamarci su. 

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