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La mamma è di Livorno ma la figlia nasce a Pisa: rissa tra nonne

Giordano Tedoldi
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 Qualche giorno fa all’ospedale Santa Chiara di Pisa si è registrato un certo subbuglio, anzi, si è sfiorata la rissa. Ma non si tratta della solita e ahinoi troppo frequente lite tra i parenti di un paziente e un medico, bensì di una collerica disfida per ragioni di campanile tra due nonne, l’una livornese e l’altra pisana.

In teoria, doveva essere un giorno di festa: la figlia della signora di Livorno aveva appena dato alla luce una bimba. Parto complicato, tra l’altro, con un cesareo andato a buon fine. E proprio l’urgenza con cui si sono svolti il ricovero e l’intervento hanno determinato, o probabilmente portato alla luce, una inestinguibile rivalità tra la nonna livornese e quella pisana. La prima, indignata di non essere stata tempestivamente informata della nascita della nipotina, si è precipitata come una furia dall’amata Livorno all’odiata Pisa e, entrata in ospedale, raggiunto il reparto, ha furiosamente aggredito dapprima verbalmente, poi sfiorando le vie di fatto, la consuocera pisana, rea, secondo il suo punto di vista, di aver architettato tutto per far nascere la bimba non a Livorno, ma a  Pisa. La situazione è trascesa al punto che il personale medico ha ritenuto di chiamare la polizia, giunta al Santa Chiara con una volante. Solo gli agenti sono riusciti a placare i bollenti spiriti delle due nemiche.

 

Quel che conta, certo, è che la piccola, nonostante il parto difficoltoso e il trambusto provocato dalle scatenate nonne, è in ottime condizioni di salute. Se mai, qualche ombra si intravede sul suo futuro, sul clima familiare che si instaurerà, dato il precedente: le auguriamo di cavarsela nel modo migliore. Riusciranno le due donne a mettere da parte il loro campanilismo? Sarà difficile, perché rivalità di questo tipo fanno tutt’uno col carattere italiano, con la nostra lunghissima storia di nazione, anzi, non nazione, frazionata in tanti centri, ognuno con l’ambizione di soperchiare quelli limitrofi.

 

 

STORIA E PROVERBI

Noto è il proverbio, di origine medievale e nato a Lucca e dintorni, “Meglio avere un morto in casa che un pisano all’uscio”, al quale i pisani rispondono “Che Dio ti accontenti!”. Si può ben dire che i livornesi l’abbiano fatto proprio. Distanti solo una ventina di chilometri, tra Pisa e Livorno non corre buon sangue da secoli. Dopo la sonora sconfitta nella battaglia della Meloria nel 1284 contro la Repubblica di Genova – nella quale fu fatto prigioniero il romanziere cavalleresco Rustichello, colui che, compagno di prigionia di Marco Polo, scrisse materialmente il “Milione” dettatogli dal grande viaggiatore veneziano-, la rivale Repubblica di Pisa cominciò il suo declino.

Al tramontare della potenza pisana, furono i Medici, a cavallo tra 1500 e 1600, a trasformare un piccolo villaggio marinaro in un’importantissima città portuale, Livorno, che ben presto assunse la straordinaria rilevanza mercantile che, in passato, era stata posseduta dal porto pisano. Trascorsi molti secoli, nel sangue degli attuali abitanti di Pisa scorre ancora l’antico rancore per quello smacco. La ravvicinata caduta della loro città dai fasti di un tempo, e l’ascesa di Livorno per volontà dei signori del Granducato di Toscana, per quanto possa sembrare irrazionale e incredibile, produce una conflittualità ancora oggi vivissima. Senza contare che, prima dello sviluppo voluto dai Medici, Livorno, o meglio il piccolo villaggio da cui poi germogliò la città, era sotto il controllo pisano; dunque alla rivalità si aggiunge una tinta di tradimento, con una sorta di figlia, Livorno, che, cresciuta e fattasi forte, si rivolta contro la ormai stanca madre, Pisa. Saltando avanti nella storia, dal macroscopico al microscopico, ecco che possiamo in un certo senso comprendere la nonna livornese, con la sua preoccupazione, forse paranoica, forse tutt’altro che tale, di essere stata umiliata dalla rivale pisana, con l’affronto di far nascere la nipote nella propria città, e non a Livorno. 

 

CARATTERI LOCALI

Certo è che di simili campanilismi è attraversato tutto il nostro Paese, con variazioni di intensità a seconda della storia e dei caratteri locali, un campanilismo che, coagulandosi e per così dire generalizzandosi, si riflette sulla più grande divisione tra Nord e Sud, settentrione e mezzogiorno, con il centro, e Roma in particolare, a far da curioso cuscinetto: quasi una sorta di Svizzera per le fazioni eternamente in conflitto (e non senza venire, Roma, anch’essa coinvolta nelle ostilità, ma più per il suo ruolo politico che per le caratteristiche intrinseche, vischiosamente contagiose per meridionali e settentrionali allo stesso modo).

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