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Venezia, pugno di ferro su Extinction Ribellion: cosa rischiano gli eco-attivisti

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Prima fanno il blitz e poi frignano. Gli attivisti di Extinction Ribellion, protagonisti a Venezia con lo sversamento di colorante nel Canal Grande, ora "piagnucolano" per i provvedimenti adottati dalle forze dell'ordine sugli attivisti che hanno rovinato il sabato di migliaia di veneziani e di turisti. "Dopo l’azione di ieri in cui sono state tinte di verde le acque del Canal Grande e di altri fiumi e canali italiani, 28 persone sono state portate in Questura, a Venezia, e rilasciate dopo 6 ore. Sono state tutte denunciate per manifestazione non preavvisata (art. 18 TULPS), interruzione di pubblico servizio (art. 340 cp), sversamento di sostanze pericolose (art. 674 cp) in concorso (art. 110 cp).

A cinque di loro è stato rilasciato un foglio di via obbligatorio di 4 anni e a 3 persone un DASPO urbano di 48 ore. Sequestrati tutti i materiali, comprese anche alcune macchine fotografiche", fa sapere in una nota l'associazione degli eco-imbrattatori. "Tra le persone portate in questura vi era infatti anche un turista, che si trovava a Venezia per due giorni, e quattro persone dell’ufficio stampa, compresi i fotografi e videomaker. Ad eccezione del turista (graziato nonostante le 6 ore di fermo in questura), tutte le altre persone sono state denunciate per tutti e quattro i capi d’accusa. Anche chi dava volantini o, appunto, faceva foto e video. Il fatto più grave, tuttavia, è che cinque persone siano state espulse da Venezia per 4 anni, nonostante alcune di loro siano studentesse alla Cà Foscari di Venezia. Si tratta infatti di una applicazione illegittima di un provvedimento pensato per reati di mafia e che, secondo la legge stessa, non può essere notificata a chi ha un legame con la città", aggiungono.

Poi spostano il mirino sulle istituzioni: "Il Questore di Venezia. in linea con il sindaco Brugnaro e il ministro delle Infrastrutture Salvini. ha quindi deciso arbitrariamente che alcune persone che hanno semplicemente partecipato ad una manifestazione siano colpevoli di reati gravissimi, che le renderebbe 'persone pericolose' e per questo debbano essere allontanate dalla città per quattro anni, il massimo possibile, violando il loro diritto costituzionale alla manifestazione del pensiero". Il caso a quanto pare non è affatto chiuso. 
 

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