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Se i fuochi d'artificio offendono i palestinesi: corto circuito mediatico

Brunella Bolloli
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«Sentire i botti da ore e attendere il momento in cui il cielo si illuminerà di fuochi d’artificio quest’anno è un’offesa a chi da mesi sta morendo sotto i bombardamenti. È il simbolo sgraziato e decadente della nostra immoralità e della nostra ignavia. Insopportabile». Lo ha scritto Paola Caridi, giornalista e scrittrice, presidente di Lettera 22, esperta di Medio Oriente, visto che se ne occupa da più di vent’anni. Il suo profilo twitter si chiama Invisiblearabs e il suo ultimo libro si intitola semplicemente “Hamas - Dalla Resistenza al regime”, edizione aggiornata di un precedente testo sulla medesima organizzazione terroristica colpevole degli attentati dello scorso 7 ottobre contro Israele.

Sul fatto che i fuochi d’artificio possano essere a volte così molesti da sembrare «il simbolo sgraziato e decadente della nostra immoralità» si potrebbe anche dare una qualche ragione alla saggista sensibile alle istanze palestinesi. Ma pensare che a Capodanno i “botti” che vengono fatti in ogni parte del mondo come evento certo un po’ rumoroso, ma propiziatorio della fine del vecchio anno e dell’inizio di quello nuovo, offendano chi è sotto i bombardamenti, ci permettiamo di dissentire. Accostare gli effetti dell’esplosione della polvere pirica che segna un momento di festa legittimo dove non si combatte una guerra al dramma di un conflitto per giunta rinfocolato da Hamas il 7 ottobre, non serve purtroppo a ispirare un sentimento di pace né è un incentivo al cessate il fuoco perché per quello devono essere le parti in causa a darsi da fare, non certo chi in Italia, in Brasile o in Nuova Zelanda sta sparando in aria due o tre petardoni. Eppure il post di Caridi, con sotto le immagini di Gaza colpita, ha ottenuto tanti like, tra cui quello del professor Montanari e di chi, ovviamente, ritiene che Israele sia il terribile responsabile di ogni nefandezza.

 

 

 

In un altro messaggio su X, la scrittrice è ancora più esplicita: «Cosa mi auguro per il 2024? Che sopra il cielo di Gaza non piovano più bombe dei caccia israeliani fornite dagli Usa. Che si fermi la strategia della Nakba, l’espulsione dei palestinesi». Per fortuna la giornalista che si firma Invisiblearabs si augura anche che vengano rilasciati gli ostaggi israeliani a Gaza, ma anche che «i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane». Insomma, che la guerra finisca e i fuochi d’artificio tornino ad essere solo un momento di svago, senza sensi di colpa.

 

 

 

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