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Torino, la denuncia del No-Tav: "L'uomo del Pd ci picchiava"

di Lorenzo Cafarchiosabato 27 settembre 2025
Torino, la denuncia del No-Tav: "L'uomo del Pd ci picchiava"

(LaPresse)

3' di lettura

 1° maggio. Torino. Askatasuna. Ci sono tutti gli ingredienti per la solita giornata di piagnistei, antifascismo e lamenti stanchi. E allora torniamo indietro di qualche anno, 2019, per occuparci di quello che è successo quel mercoledì. Primo maggio come ve lo immaginate: bandiere al vento, sempre nella direzione stentata e giusta, pugni chiusi e corteo. Non può essere diversamente. L’aria frizzante che conduce all’estate è sulla pelle dei manifestanti e quindi i militanti del centro sociale torinese vogliono impossessarsi della manifestazione. Sono sul fondo del corteo così agitano il loro striscione per andare in testa in modo da colorare le prime file coi loro vessilli No Tav.

Superate qualche migliaio di persone vengono intercettati dal servizio d’ordine del Partito Democratico e, qui, nascono tensioni e scontri. Segnatevi queste righe perché dopo ci torneremo. Divertimento assicurato.

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SPEZZONE SOCIALE
Dopo quella giornata tredici attivisti dell’Askatasuna, questo a marzo 2021, vengono sottoposti a misure cautelari: un arresto domiciliare, tra divieti di dimora a Torino e nei centri abitati della val Susa e nove obblighi di presentazione alle forze dell’ordine. Accusati di resistenza a pubblico ufficiale e violenza privata aggravata. Dinamiche. Illoro spezzone del corteo, definito “spezzone sociale”, era composto da circa 2000 persone con dentro la crema dell’antifascismo piemontese. Secondo l’accusa si sarebbero «resi responsabili di ripetute azioni violente che hanno reso necessari diversi e calibrati interventi dei contingenti delle forze dell’ordine e del personale della digos», riferì in quei giorni l’accusa. La finalità? Quella di sovrastare le altre forze politiche in campo e mettere il cappello sul serpentone manifestante.

Lo scorso aprile in una testimonianza, il questore di Aosta Gian Maria Sertorio, ha sottolineato come «gli antagonisti, in coda al corteo, stavano avanzando e volevamo rallentarli. Volevo ripristinare la distanza dal resto della manifestazione. Avevano bastoni e, dopo una trattativa avviata per convincerli a posarli, tra piazza Castello e via Roma ci sono stati dei tafferugli, e ho dato io l’ordine per la carica». Nel processo sono 38 gli imputati e siamo sempre nel novero della resistenza a pubblico ufficiale e minacce.

Si va dall’Askatasuna, ai No Tav passando per il FAI (Federazione Anarchica Italiana) arrivando al centro sociale Gabrio e agli studenti del Cua. Il processo ha visto uniti i fascicoli dei disordini del 2019 e di quelli del 1° maggio 2017. Ora che la situazione è ricostruita e inquadrata veniamo al pezzo forte del giorno. Torniamo alle righe di cui sopra. Perché ieri, nel corso del processo, è intervenuto in tribunale a Torino, come testimone della difesa dell’Askatasuna, un 60enne definito come storico simpatizzante dei No Tav.

Sentiamo cos’ha da dire. «Il servizio d’ordine del Pd non ci faceva passare e a un certo punto uno dei suoi componenti mi ha colpito al volto con una cinghiata». La cinghiamattanza dem scagliatasi sull’antifascismo torinese. Una vita a condannare la violenza, ma la testa del corteo val bene una cintata. Leggiamo ancora. «Insieme ad altri», prosegue il 60enne, «stavo reggendo lo striscione No Tav. Volevamo passare avanti e non ce lo permettevano: tentavamo di superarli e loro ci spingevano indietro. Quando ho visto la cinghia ho alzato il braccio, ma sono stato colpito al volto. Mi sono allontanato verso i portici, perdevo sangue (...). Parecchi anni dopo ho incrociato di nuovo quel signore: ci siamo salutati, ciao e ciao, ed è finita lì. Nessuna denuncia». Sindrome di Stoccolma, mentre il pm Paolo Scafi, in aula, evidenzia come esisteva un «accordo» tra No Tav e questura per fare in modo che quello spezzone del corteo rimanesse sul fondo, ma così non è stato.

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AUTUNNO CALDO
C’è un video, di Local Team, su YouTube che mostra alcuni istanti di quel pomeriggio. Telecamera puntata su quelli dell’Askatasuna che cercano di farsi strada con in mano le bandiere No Tav. È tutto un spingi che ti spinti tra loro, polizia e servizio d’ordine del Pd. A un certo punto un ragazzo giovane- con la maglietta palestra popolare, che successivamente chiederà l’intervento delle fdo - lamenta una cinghiata. Poi un flash e un colpo inferto, alla velocità della luce, a un uomo che inizia subito a sanguinare.

Democratiche cinture, come fosse una canzone della Banda del Rione - precisamente Lei: «Torino legge di strada» - così efficace da colpire l’antifascista che non vuole stare al suo posto. Con un servizio d’ordine così Elly e soci sono pronti per l’ennesimo aspirante autunno caldo.

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