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La valle dei dinosauri nel parco dello Stelvio: "Migliaia di esemplari"

di Massimo De Angelisvenerdì 26 dicembre 2025
La valle dei dinosauri nel parco dello Stelvio: "Migliaia di esemplari"

3' di lettura

Una scoperta sensazionale nel cuore delle Alpi lombarde destinata a ridefinire la conoscenza sui dinosauri in Italia, che tra l’altro porta in primo piano l’area valtellinese a ridosso dei Giochi olimpici invernali. All’interno del Parco Nazionale dello Stelvio è stato individuato un vastissimo complesso di orme fossili risalenti a circa 210 milioni di anni fa. Si tratta di migliaia di impronte, incise nella dolomia e oggi visibili su pareti rocciose quasi verticali, che disegnano piste lunghe centinaia di metri e che mostrano un livello di conservazione altissimo, con dettagli di dita e artigli ancora leggibili.

Il ritrovamento ha fatto il giro del mondo e sta occupando le prime pagine delle riviste dedicate alla scienza. A confermare l’eccezionalità della notizia sono stati la stessa Regione Lombardia e Cristiano Dal Sasso, noto divulgatore e importante paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano. Secondo le sue prime interpretazioni scientifiche, diffuse sul web, le orme apparterrebbero a erbivori vissuti durante il Triassico Superiore, con ogni probabilità dei prosauropodi, ovvero gli antenati dei famosi animali dotati di un collo allungato e dalla testa piccola, vissuti durante il Giurassico.

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Di corporatura robusta possedevano artigli appuntiti sia sulle zampe anteriori che posteriori, mentre alcune di queste creature potevano superare i dieci metri di lunghezza. Il rinvenimento delle orme ha permesso agli studiosi di stabilire che erano in grado di formare dei branchi numerosi, con cui migravano attraversando i continenti, quando questi ultimi erano ancora uniti formando la Pangea. Gli scheletri di diversi esemplari sono stati rintracciati sia in alcuni cantoni svizzeri che in lande tedesche.

All’epoca in cui erano in vita tali animali, l’area alpina non era formata da montagne ma da vasti territori costieri ed era affacciata sulle calde acque della Tetide, un oceano ora scomparso che presentava un ambiente tropicale. Le camminate parallele dei dinosauri risultano prove evidenti di gruppi in movimento sincronizzato e appaiono anche tracce di comportamenti più complessi, come una serie di animali radunati in cerchio, verosimilmente in segno di difesa. Il ritrovamento di queste impronte su superfici perfettamente verticali è invece il risultato dei movimenti tettonici che hanno portato gli antichi sedimenti di queste spiagge a divenire le Alpi.

«Le numerose impronte sono una prova diretta della vita sociale dei dinosauri», spiega Cristiano Dal Sasso, sottolineando che il sito rappresenta «la più vasta valle dei dinosauri mai individuata sulle Alpi e una delle maggiori sull’intero pianeta». La segnalazione iniziale si deve al fotografo naturalista Elio Della Ferrara che, durante un’escursione in Val di Fraele (Sondrio) per osservare la fauna alpina, ha notato le prime impronte affioranti, alcune delle quali fino a quaranta centimetri di diametro.

Il sito, difficilmente raggiungibile a piedi, richiederà l’uso di droni e tecniche di telerilevamento per essere analizzato in modo sistematico dagli esperti, visto anche il numero elevato di impronte impossibili da vedere restando sui sentieri. «Ci troviamo di fronte a un patrimonio scientifico straordinario, che solleciterà decenni di approfonditi studi», spiegano, in una nota congiunta, i paleontologi coinvolti nelle prime valutazioni e gli amministratori locali, certi che questa scoperta potrà incentivare pure una forma di visite alquanto particolari, cioè quelle legate alla ricerca e studio dei fossili.

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D’altronde non è la prima volta che in Italia viene fatta una scoperta di tale importanza. Il primo dinosauro rinvenuto nel nostro territorio fu Scipionyx samniticus, noto col soprannome giornalistico di “Ciro”. Trovato nel 1980 a Pietraroja (Benevento) dal veronese Giovanni Todesco, è uno dei dinosauri più piccoli al mondo ma la sua importanza scientifica è enorme. Nel 1998 fu riconosciuto a livello internazionale come uno dei fossili più importanti nella storia della paleontologia, conquistando la copertina di Nature per il suo eccezionale stato di conservazione.