È con la forza tranquilla di un’antica saggezza che Leone XIV interviene, con le parole e con le azioni, nel dibattito pubblico. Forse senza nemmeno volerlo, non in modo diretto almeno. Non condanna i reprobi e gli incoscienti, ma oppone alla loro un’altra verità, anzi la verità. Non tocca al Papa far presente l’assurdità ideologica e la demagogia di decisioni prese da istituti scolastici o amministrazioni comunali in questi giorni prenatalizi, un po’ ovunque e con una certa frequenza da qualche anno a questa parte. Non tocca a lui fare i nomi e i cognomi di chi vuole modificare elementi o addirittura cancellare, in nome di una malintesa inclusività, uno dei più pacifici e bei simboli della nostra tradizione: il presepe. A lui tocca supplicare le famiglie a ultimare, come sempre, «l’allestimento della suggestiva rappresentazione della Natività di Cristo». E a lui tocca auspicare che un elemento «così importante non solo della nostra fede, ma anche della cultura e dell’arte cristiana, continui a far parte del Natale per ricordare Gesù che, facendosi uomo, è venuto “ad abitare in mezzo a noi”». Sono le parole semplici e inequivocabili che Prevost ha pronunciato ieri nel corso dell’udienza del mercoledì, quasi a suggello dell’inaugurazione del “presepe pro-life” avvenuta il giorno prima nell’Aula Paolo VI del Vaticano (Libero ne ha parlato ieri in prima pagina).
Ciò a cui il Papa richiama è proprio la verità del Presepe, che non solo non offende nessuno ma è anzi un simbolo universale di amore e umanità, una rappresentazione che non può che affratellare gli uomini al di là di ogni differenza specifica che possa correre fra di loro. Al centro del Presepe c’è la quotidianità della vita fra parti, pastori, fieno, mangiatoia. Ma c’è anche il mistero che l’avvolge, che è quello della nascita, dell’inizio, del cominciamento. Che non è solo la nascita biologica, ma la capacità che l’uomo divide con Dio di creare in assoluta libertà il proprio mondo, di fare delle scelte, di seguire la via del bene piuttosto che quella del male. A ben vedere, nel nostro mondo tutto finisce perché tutto nasce e, nascendo, è.
Leone XIV, la Madonna incinta nel presepe: il pesante messaggio del Papa
Un messaggio chiaro a favore della vita e contro l'aborto. Una Madonna col pancione ha accolto gli ospiti della sala...Il mistero dell’essere, del senso che non può mai ridursi ai significati parziali a cui ci mettono di fronte le scienze empiriche. Perché l’essere piuttosto che il nulla? E perché solo l’uomo condivide la consapevolezza di questo continuo nascere e ritornare all’origine delle cose del mondo? Non il cristiano, ma l’uomo in quanto tale. Qui veramente «non c’è giudeo né greco; non c’è schiavo né libero; non c’è uomo né donna», come dirà l’apostolo Paolo. Se si può con tanta semplicità scambiare questo messaggio di inclusività estrema, radicale, per qualcosa che possa offendere chi professa un’altra fede o religione, veramente non si è capito nulla di ciò che siamo, della nostra eredità e della nostra tradizione.
E veramente, in questo cupio dissolversi, sembra avvicinarsi il momento della nostra fine, della fine della nostra civiltà. Siamo sicuri che non sia proprio questo miscredere, questa crassa ignoranza delle nostre radici e della nostra identità, che non susciti oggi almeno una parte dell’odio e del disprezzo che è maturato ovunque verso l’uomo occidentale? Ci piace immaginare che questo Papa sia venuto non da lontano ma nemmeno da vicino, sia venuto da un altro luogo, un luogo che avevamo perso smarrendoci. E che sia venuto per rimettere al proprio posto qualche paletto della nostra identità perduta.




