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Violenze sessuali in strada, ecco quante sono commesse dagli immigrati

Simona Bertuzzi
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Una ragazzina abusata in piazza Scala nella notte di Milano che luccica di lusso e promesse. Un aggressore di origini nordafricane che la minaccia in arabo (ho un volto buono e uno cattivo, adesso ti faccio a pezzi) mentre le mani arrivano ovunque e la rovistano con brutalità nelle parti intime, svelando il suo lucido proposito criminale. Non fosse stato per la perspicacia di un’addetta del Mc Donald’s che ha colto la paura di lei (19 anni e origini magrebine) e le orribili intenzioni di lui, saremmo forse qui a raccontare chissà quale finale. E vorremmo tanto potervi dire che si tratta di un caso isolato, un orribile incidente in una città immune da crimini efferati. In realtà è solo l’ennesima violenza sessuale commessa a Milano. La casistica è infinita.

Molestie, palpeggiamenti e aggressioni per strada e nelle piazze affollate. Oppure stupri aberranti che hanno segnato la vita delle vittime e alimentato la paura di chi deve muoversi la sera e non si sente più sicuro. L’aprile scorso, in Centrale, una turista straniera fu presa nei giardini di Duca D’Aosta, e poi picchiata e violentata nell’ascensore della stazione da un marocchino che bivaccava nel piazzale e pensava di fare di lei quello che voleva. Mentre la piazza del Duomo che brindava al capodanno del 2021 divenne una trappola infernale per le povere ragazze che erano lì a festeggiare e si videro circondare dal branco e aggredire da una furia cieca e bestiale.

La tirannia del politicamente corretto vieta di dire che la maggior parte di queste aggressioni sessuali per strada sono commesse da extracomunitari, fedele al refrain della sinistra secondo cui sottolineare la nazionalità degli aggressori è un’interpretazione destrorsa del male e in fondo il crimine non è colpa di chi delinque ma di un modello di integrazione fallimentare.

Ma stavolta sono i dati che parlano. E gli ultimi, seppur parziali e non certificati, forniti dalle forze di polizia relativi alle violenze sessuali a Milano (che dunque vanno dalla molestia allo stupro e per lo più si tratta di aggressioni per strada) raccontano di un picco di crimini sessuali commessi proprio da cittadini extracomunitari.

 

IL TREND IN CITTÀ
Il periodo analizzato è quello che va dal gennaio 2023 a questi giorni. Ebbene, sei su dieci, o meglio poco meno del 60 % di queste violenze sessuali, sono state compiute da cittadini extracomunitari, circa il 38% da italiani e il restante da cittadini comunitari. Il trend è tale da far parlare di una «inversione di tendenza» rispetto alle violenze commesse sulla donne in famiglia o sotto forma di atto persecutorio. Dall’inizio dell’anno a oggi, infatti, poco più del 50% di maltrattamenti su mogli e conviventi è compiuto da italiani, meno del 5 % da cittadini comunitari e il 42, 43% da extracomunitari. Mentre per quanto riguarda gli atti persecutori (nei quali rientrano i terribili casi di stalking di cui si sente parlare ogni giorno), circa il 70% è commesso da italiani, il 4% da cittadini comunitari e il restante da extracomunitari.

 Da considerare che le violenze sessuali a Milano sono un crimine in forte crescita secondo la procura. I numeri forniti ieri da Fabio Roia, presidente del tribunale di Milano, sono allarmanti. Le denunce e le indagini per violenza sessuale sono raddoppiate in 4 anni tra il 2019 e il 2023. E l’ipotesi di violenza sessuale è quella che ha la percentuale più alta di condanne tra i reati per motivi di genere: oltre il 70% negli abbreviati oltre il 60% in dibattimento. Sei fascicoli iscritti a noti, ossia con indagati, per violenza sessuale nel 2019 erano 339, quest’anno (e solo tra gennaio e fine agosto) sono saliti a 517. Per un totale, nei primi 8 mesi dell’anno, di quasi mille denunce arrivate in procura. 

Nel frattempo le indagini per maltrattamenti sono passate da 1510 nel 2019 a 2053 da gennaio al 31 agosto. Anche i fascicoli per violenza sessuale di gruppo sono saliti a 53 dai 20 che erano. Ma c’è un fatto: «In certe comunità di stranieri», spiega la procuratrice Letizia Mannella, «come filippini, egiziani, o persone del bangladesh si denuncia molto meno anche perché alcune donne non parlano neanche italiano e quindi non riescono proprio a denunciare».

 

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