Matteo Renzi con i 5 Stelle la butta sulle forme: "Sono ingrassato"
Questa volta il Ko non c'è stato. Come in un incontro «accomodato» dagli allibratori, il match in diretta streaming fra il premier Matteo Renzi e il grillino «dialogante» Luigi Di Maio si è chiuso con un sostanziale pareggio. A partire dalla legge elettorale. «Tra la nostra proposta» e quella dei grillini, chiosa il segretario del Pd, «non c'è il Rio delle Amazzoni, c'è un ruscello». Nel computo delle battute, invece, vero oggetto del desiderio degli spettatori di questi streaming show, l'Oscar va al premier: «Io sugli specchi non mi arrampico, sugli specchi non mi posso arrampicare perché sono ingrassato, mi è arrivato anche un messaggino... E ho dovuto rimettere la giacca», dice l'inquilino di Palazzo Chigi durante il confronto con i Cinque Stelle. Un po' come aveva fatto la ministra Maria Elena Boschi che a La7 aveva chiesto di essere giudica per «le riforme e non per le forme». Anche la forma conta per questo governo. Il resto è stato un pari. «Stai sereno presidente», ha esordito Di Maio da vero leader, rivolgendosi a Renzi con tono ironico. «Abbiamo preso 11 milioni di voti, quando capiterà a voi fateci un fischio», ha replicato in modo piccato il premier, rivolgendosi a Danilo Toninelli che lo aveva punto sul debole: «Prende tempo per andare ad Arcore a prendere ordini?». «Io non sono un bradipo», dice Renzi replicando a chi lo accusa di lentezza. Schermaglie, stoccate in punta di fioretto, siparietti comici buoni per lo streaming, un po' meno per la politica. Perché la sostanza del faccia a faccia fra i dem e la squadra d'incursori grillina guidati da Di Maio in versione democristiano doc è stato un sostanziale «parliamone» e poi «rivediamoci». Sul tavolo, più che la riforma del Senato, che i dem non hanno intenzione di mollare, la nuova legge elettorale. «Noto che avete fatto un passo avanti», dice il premier rivolgendosi a Di Maio, dopo una iniziale presenza fintamente distratta, «sul doppio turno di coalizione, sulle preferenze e sulle immunità del futuro Senato si può parlare. Ma noi vogliamo fare riforme condivise, prima parlare con tutti». Un dialogo aperto che non piace troppo ai grillini. Ma di necessità dovranno fare virtù dato che il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano vuole essere della partita. «Su questo noi non molleremo», dice Gaetano Quagliariello, «ciò che avremmo potuto realizzare con una riforma organica, oggi lo dobbiamo fare un pezzo alla volta». I tre punti sui quali si sono registrati dei timidi passi avanti fra dem e grillini, però, non bastano a giusticare l'ottimismo di chi parla «d'incontro risolutivo». Tant'è che le controparti hanno deciso di riaggiornarsi. «Il prima possibile», chiede Di Maio. «Prima che l'Italicum arrivi in Senato», ribadisce Renzi. Più che un braccio di ferro una partita a scacchi, minuziosamente preparata negli incontri pre-vertice. Segno che quel che si vede in streaming è solo scena. La sostanza resta nel segreto delle stanze dei palazzi. Così Renzi fa surf sugli argomenti principali, apre a parole ma non nella sostanza.I grillini, comunque sia, segnano un punto nella complicata strada per far saltare il patto del Nazareno, registrando alcune parziali disponibilità di Renzi. Alla fine il presidente del Consiglio si è detto molto contento per l'esito dell'incontro, ma «bisogna vedere se Di Maio se li porta tutti. Vediamo che succede al loro interno». Nel frattempo al Senato il tempo delle parole è finito. Da lunedì si fa sul serio. Di fronte all'ingorgo creato dai 124 iscritti a parlare in discussione generale e dai 7830 emendamenti presentati, la maggioranza preme l'acceleratore sulle riforme, anteponendole anche alla discussione dei decreti legge più urgenti da convertire. Eppure anche i Comuni si ribellano: per Piero Fassino, primo cittadino di Torino e presidente dell'Anci, la riforma del Senato è «insoddisfacente». La previsione di partecipazione di soli «21 sindaci» è un numero inadeguato «rispetto al dovere di rappresentare oltre 8 mila Comuni». di Enrico Paoli