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Fedele Confalonieri, le confessioni del presidente Mediaser ai tempi del coronavirus

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Fedele Confalonieri, intervistato dal Giornale, racconta come vive la sua emergenza ai tempi del coronavirus. "Sono uscito per andare dall' oculista, in auto, passando per via Manzoni, e mi è venuta l' angoscia. Non c' era nessuno, deserto, tranne qualche povero fattorino in bicicletta, i pochi che per fortuna si guadagnano ancora qualcosa. Milano rinascerà? Non lo so. Cosa vuoi commentare? Mi sono diventati antipatici pure gli opinionisti. Non li leggo. Non li guardo neppure nei talk show.  Non è neppure il momento di stare troppo a ingaglioffarsi sulla politica. Non è l' ora dei giudizi, questa, con tutto il rispetto Conte non è Churchill. Non è neppure il caso di stare lì a crocifiggerlo, perché poi alla fine uno fa quello che può e bisogna pure ritrovarcisi in certe situazioni. Nessuno era preparato. Chi lo conosceva questo cavolo di virus. Troppo facile stare a sentenziare. No, non mi accanisco".

 


A Confalonieri tutto questo scenario ricorda una scena dell' Amleto di Shakespeare. Polonio, il gran ciambellano, il padre di Ofelia, entra nella stanza del principe di Danimarca. È lì per valutare la sua follia. Amleto ha in mano un libro. "È esattamente come mi sento. Amleto in questi giorni mi fa compagnia. Ricorda questo dialogo? Polonio dice: Che cosa state leggendo, mio signore?. Amleto risponde: Parole, parole, parole. È da lì che il mio amico Teddy Reno ha preso spunto per la sua canzone. Noi siamo solo parole, spesso a vanvera". 

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