Cerca
Logo
Cerca
+

Maurizio Landini, il rivoluzionario in felpa verso il niente: chiama il popolo alla rivolta ma finisce abbandonato

​​​​​​​Alberto Luppichini
  • a
  • a
  • a

Niente di ciò che fa o dice è memorabile. Il suo aspetto, volutamente trascurato e irreprensibile, è tutto impegnato ad apparire “qualunque”, e ci riesce. Felpa rossa, capelli in disordine, occhiali spessi con montatura pesante, corpulento quanto basta per apparire rassicurante, vocione da baritono inviperito. Il tutto racchiuso in una personalità suscettibile ed irosa, fumosa e fumina, con ampi gesti vorticosi a fendere l’aria come i suoi convincimenti a stordire l’interlocutore. Stiamo parlando di Maurizio Landini, 59 anni, segretario della Cgil dal 24 gennaio 2019. La missione del sindacalista più scalmanato d’Italia è, da sempre, “stare dalla parte del popolo”. Tuttavia, chi si riempie la bocca di “popolo”, “deboli” e “lavoratori”, di solito occupa uno scranno di peso fra le élite, le aristocrazie e i poteri forti di questo Paese. E Landini non fa eccezione, pur faticando più di un metalmeccanico per apparire all’occhio uno del popolo, con i problemi del popolo,l e bollette da saldare, i figli da mantenere e le tasse da pagare. Del popolo imita anche il linguaggio, semplice e senza fronzoli, diretto e sanguigno; ma anche il suo linguaggio, col popolo, ha ben poco a che fare. Landini parla sempre, qualsiasi interlocutore gli capiti, come fosse a una sagra di Paese, gesticolando a più non posso, urlando per farsi capire, inveendo contro chiunque non la pensi come lui. Se non fosse di Reggio Emilia, il nostro sarebbe il classico fomentatore di borgata, irrequieto e litigioso, arrogante e supponente.

 

 

LE SCONFITTE
Del popolo, Landini ha ereditato il tratto peggiore: la natura innata alla protesta, la fronda continua e l’anarchia permanente. Così il nostro si sente insieme un agitatore di popolo, un rivoluzionario operaista e un capo carismatico insostituibile nelle trattative. Le quali, a dirla tutta, sono il vero punto debole dell’uomo del popolo, laddove il suo popolo, o almeno quello che pretende di rappresentare, gli ha voltato le spalle nei momenti cruciali della lotta sindacale. L’anno 2009 è l’annus horribilis del nostro frondista in felpa, allora a capo della delegazione Fiom-Cgil. In casa Piaggio, che aveva da poco acquisito Guzzi e Aprilia, c’è un gran fermento per il contratto integrativo dei metalmeccanici. Tutte le sigle sindacali trovano un accordo con Colaninno, tranne quella di Maurizio. Il quale, all’esito del referendum fra lavoratori, subisce una inaspettata umiliazione: anche il “suo” popolo, destinatario delle pompose omelie buoniste del nostro, ha votato in favore dell’accordo, schiacciato dalla necessità di arrivare a fine mese e stanco delle parole al vento lanciate dal populista sindacale.Maurizio, sedotto e abbandonato dal suo popolo, da peccatore delle cause perse ha sempre un confessore disponibile a redimerlo:il sindacato. Così, nonostante il bruciante fallimento, la Fiom lo premia, issandolo nel 2010 al vertice dell’organizzazione sindacale. Da fresco capo della Fiom,l’ennesimo fallimento è dietro l’angolo. Si trattava del rinnovo del contratto dei metalmeccanici, e anche qui Maurizio, per spirito di rivalsa anticapitalista più che per spirito di comprensione delle esigenze del “suo” popolo, fu l’unicoa d opporsi con testarda goffaggine. E anche questa volta, all’esito del referendum tra i lavoratori, scoprì che il “suo” popolo gli aveva voltato le spalle, non abbastanza larghe e resistenti al carattere fumoso e fumino del loro capo inconcludente.

 

 

PAROLE AL VENTO
Del Palazzo ha sempre parlato con disprezzo, contestando la doppiezza e le promesse mancate dei nostri rappresentanti: «Non mi candido in politica perché io,con la famosa doppiezza italiana, non c’entro nulla. Dentro la mia testa c’è solo il sindacato. E solo quello». Il nostro, tuttavia, da uomo di pancia impulsivo e vanitoso, preso da una antipatia viscerale per Matteo Renzi, nel 2015 un pensierino alla politica ce lo fece sul serio, lanciandola sua “coalizione sociale”, un’alchimia costruita a tavolino per salvare il “suo” popolo dall’orco capitalista e senza scrupoli. Il lancio del progetto salvifico avvenne, in pompa magna, in corso Trieste a Roma, alla presenza di giornalisti, politici e sindacalisti. Si registrò tuttavia un’assenza pesante: mancava il popolo, il “suo” popolo, che aveva disertato quella riunione da circolo Arci riservata agli addetti ai lavori,in cui la gente sarebbe stata una misera comparsa. Così, al grido di «Vogliamo ricostruire una politica con la P maiuscola», il progetto si rivelò un fiasco, risoltosi in una serie di sedute psicoanalitiche tra falliti di successo. Come spesso accade a Maurizio, i fallimenti,anziché abbatterlo, nobilitano l’uomo, tanto da renderlo attraente e seduttivo per incarichi di sempre maggior prestigio. Con un balzo inaspettato, nel 2017 entra nella segreteria nazionale della Cgil sino a diventarne segretario, con maggioranza bulgara, il 23 gennaio 2019.

 

 

Non si ricordano vertenze vinte, trattativ ec ondotte con successo o risultati apprezzabili. Il suo linguaggio, infarcito di becera protesta, si risolve sempre in inviti a discutere, concordare,condividere. «C’è una discussione da aprire»; «Ci sono scelte da fare»; «Abbiamo bisogno di parlare al Paese»; «Chiediamo al governo di aprire una vertenza», costituiscono lo spartito ripetitivo del nostro leader senza quid. Le ricette, dispensate con solennità, ricalcano anch’esse un copione prevedibile: estensione universale degli ammortizzatori sociali, blocco dei licenziamenti, cassa integrazione per tutti. Nel novembre 2020, l’allora premier Giuseppe Conte, gli fece notare: «Landini, le lancio una sfida. Discutiamo anche di uno Statuto per le imprese. Anche le imprese devono avere chiari diritti e possibilità, certezza nei tempi e semplificazione». La risposta? Minuti interminabili di silenzio. Il nostro, nel cuore, è fieramente comunista: gli imprenditori sono i padroni, gli operai schiavi abusati. Per Landini, il tempo si è fermato. Ma ora, prima che faccia altri danni, fermate il rivoluzionario verso il niente.

Dai blog