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Ezio Greggio demolisce il politicamente corretto: "Quote rosa? Me ne frego. Polemica sui cinesi? Cazz*** mai vista"

Francesca D'Angelo
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La ricetta anti-Covid di Ezio Greggio non è niente male: distanziamento, mascherina (anche doppia, come scrive sui social) e tante risate. «Ridere fa bene alla salute», assicura il noto presentatore e attore che, da lunedì, si calerà per la 18ª volta nei panni del direttore del Montecarlo Film Festival de la Comédie (31 maggio-3 giugno): una kermesse nata per omaggiare la commedia e allietare il pubblico provato dalla pandemia.

Allora, Greggio, ha controllato di avere un numero sufficiente di registe donne e film al femminile? Qui è un attimo che si finisce sotto processo...

«Io me ne fotto del numero di registe donna o delle quote rosa nei Festival. Se un film è terribile, non lo seleziono: non c'è regista che tenga! La scelta deve essere di merito, non politica. Tra l'altro, ragionando in questo modo, a Montecarlo abbiamo sempre avuto delle donne in concorso e vincitrici. L'anno scorso, per dire, in giuria l'unico uomo era il presidente e veniva sempre messo sotto dalle giurate (ride, ndr)».

A proposito di politicamente corretto, anche Striscia non ne è uscita indenne. Cosa ne pensa del clamore suscitato dalla gag sui cinesi?

«Questa polemica è una delle più grosse cazz*** che ho visto in vita mia. Suvvia, stiamo parlando di una battuta sugli occhi a mandorla! Ormai siamo a un livello di censura che manco negli anni '20... Ho molti amici cinesi, persone fantastiche e ironiche, che non si sono affatto offesi. Anzi, uno di loro scherzando mi ha detto: "Ma se allora sentissero le battute che facciamo noi sugli italiani, ci caccerebbero dal Paese...».

C'è chi distingue tra satira buona, alla Checco Zalone, e satira cattiva, alla Pio e Amedeo: si possono fare davvero dei distinguo?

«Onestamente io sono a favore di entrambi. Certo, a mio gusto personale, talvolta Pio e Amedeo eccedono in volgarità ma dietro le loro parole c'è sempre un pensiero. Le loro sono battute, non offese. Comunque mi spiace per i censori ma ce ne vorrà prima di imbavagliare i comici: esistono leggi che tutelano, giustamente, la satira e la libertà di espressione».

 

 

 

In questo clima, oggi potrebbe ancora esistere la commedia sexy?

«No, ma non per colpa delle femministe: semplicemente, non conviene più farla visto che su Internet c'è già di tutto di più».

Il nostro cinema vive di commedia eppure la rinnega, soprattutto quando si tratta di assegnare un David o un Nastro d'argento. Come se lo spiega?

«Piano piano i premi iniziano ad arrivare, però per un certo tipo di cinema è molto più facile celebrare un film strappalacrime o un attore drammatico, come se la risata fosse sinonimo di disimpegno. Invece se c'è un genere che aiuta a pensare è proprio la commedia».

Per questo lei ha premiato Pozzetto a Montecarlo molto prima della sua svolta drammatica nel film di Avati?

«Adoro Pozzetto e credo che la risata sia molto più difficile del dramma, perché è soggettiva e non automatica. Comunque Avati è bravissimo nel tirare fuori il lato profondo di noi comici. L'ha fatto anche con me in Il papà di Giovanna ».

 

 

 

Pierfrancesco Favino chiede che il cinema diventi materia di studio nelle scuole: è una reale priorità in pieno pasticcio Dad?

«Ditemi dove devo firmare! Sono solidale con Favino, anzi, inserirei non solo il cinema ma pure il teatro, la musica e l'educazione civica».

Da juventino, spera che Pirlo resti?

«Non ci sarebbe nulla di cui scandalizzarsi, soprattutto dopo le sue ultime buone performance. Ha iniziato persino a gridare a bordo campo! Può diventare un cognato di Conte. Però, se resta, diamogli cinque o sei caffè prima della partita».

 

 

 

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