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Sigfrido Ranucci, ecco le carte della Rai sull'inchiesta del metodo-Report: una vergogna sinistra

 Sigfrido Ranucci

Paolo Ferrari
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Tutto regolare. Il "metodo Report" rientra negli standard della Rai. I cittadini italiani che pagano il canone possono tirare un sospiro di sollievo.

«Con riferimento alle asserite acquisizioni di filmati con pagamenti irregolari e all'attività di dossieraggio, dopo una attenta e puntuale disanima riferita agli anni 2013-2021, la segnalazione non ha trovato alcun riscontro». È quanto si legge in un comunicato diffuso ieri da viale Mazzini. Finisce dunque cosi, a tarallucci e vino secondo le migliori tradizioni del Paese, l'istruttoria dell'Internal Audit della Rai relativa alla segnalazione fatta a febbraio nei confronti di Sigfrido Ranucci.

 

I fatti sono noti. In un filmato, risalente al 2014 e registrato all'insaputa di Ranucci, si vede il conduttore di Report imbastire una trattativa per del materiale scottante sull'ex sindaco di Verona Flavio Tosi. «Tu mi dai un video finto, io te lo pago, in realtà ti sto pagando questo video vero, che mi devi mandare dentro una busta anonima», è in estrema sintesi il sistema escogitato dall'ex inviato di Milena Gabanelli per ottenere il presunto video hard con Tosi protagonista in possesso dei suoi interlocutori. Ranucci, per rassicurarli, offrì il meglio che poteva: «Io ti chiamo il comandante del Ros (Raggruppamento operativo speciale del carabinieri, ndr) adesso. È uno collegato con i servizi segreti. Interni. È la persona ideale in questo momento». E poi: «Ho un fratello che conta nelle Fiamme Gialle, ecco perché vengo a sapere certe informazioni». Fino all'apoteosi: «Controllo cinque Procure nel Veneto».

Il video della trattativa venne pubblicato da parte del Riformista nei mesi scorsi scatenando la dura reazione di Ranucci e dei suoi fan, accusando Piero Sansonetti di averlo manipolato. L'avvocato Luca Tirapelle, il difensore di Ranucci, si era precipitato a gettare acqua sul fuoco. «Le fatturazioni fittizie da parte di Ranucci non sono state mai fatte, né vere né finte. Ranucci, in quell'incontro al ristorante con chi lo ha filmato a sua insaputa, ha bluffato per verificare la esistenza o meno del video hard con il quale Tosi poteva essere eventualmente ricattato». Per poi aggiungere che «non esistono fondi neri Rai usati per acquistare materiale utile all'inchiesta di Report o per effettuare attività di dossieraggio ai danni di politici di qualsiasi schieramento».

MESSAGGI MINATORI
La trattativa, per la cronaca, ebbe qualche anno più tardi uno strascico giudiziario e, chiamato a testimoniare in tribunale a Verona, Ranucci dichiarò che quanto affermato all'epoca si trattava di una menzogna «al 100 per cento». Accertato, dunque, che il vicedirettore di Raitre opera come gli agenti sotto copertura nelle trattative con i narcos colombiani e che questo particolare modo di agire viene giudicato in linea con gli standard del servizio pubblico, rimaneva aperta la questione delle sue interlocuzioni non proprio da collegio svizzero con i componenti della Commissione parlamentare per la vigilanza Rai.

 

Ranucci aveva inviato diversi messaggi al deputato di Forza Italia, Andrea Ruggieri, dove scriveva che Sivio Berlusconi è un «adescatore di minorenni e top player del bullismo sessuale», che i politici si dividono «tra uso di cocaina e scene di basso impero sugli yacht», e che sarebbe in possesso di ben «78mila dossier» sul loro conto. Lo stesso aveva fatto con il renziano Davide Faraone. Anche in questo caso tutto regolare trattandosi al più di una "violazione del Codice etico".

DOVERI DEONTOLOGICI
«Valutate le circostanze», prosegue infatti la nota di viale Mazzini, «si è proceduto al formale richiamo del dottor Ranucci all'osservanza dei principi etici e di comportamento aziendali, nonché dei doveri deontologici cui sono tenuti i giornalisti del servizio pubblico». In sintesi: Sigfrido, che ha ammesso di avere sbagliato, non si è comportato certo da giornalista del servizio pubblico, ha millantato conoscenze che non aveva, ha scritto messaggi di fuoco a dei parlamentari che hanno osato sollevare perplessità sul suo operato. Eppure merita solo un buffetto perché mamma Rai, in fondo, perdona tutto. Anche chi le fa fare una pessima figura.

La conclusione ecumenica dell'Audit Rai, neanche a farlo apposta, è arrivata a ridosso della ripresa di Report e dopo che Libero aveva chiesto in questi giorni che fine avesse fatto. Il nostro quotidiano, infatti, dopo avere appreso che il programma d'inchiesta di Rai3 avrebbe ricominciato a trasmettere i suoi servizi da lunedì 4 aprile, domani, come se niente fosse, si è domandato a che punto fosse l'inchiesta interna a Viale Mazzini, quella che doveva verificare il comportamento del discusso conduttore. Subito c'è stato il silenzio. 

Ieri, però, si sono svegliati. Con una nota stringata nella speranza di placare le polemiche, che suona quasi come una beffa. «Ci sono voluti due giorni di paginate di Libero per costringere la Rai a fare trasparenza sull'Audit su Report e Ranucci», dice infatti il deputato di Italia Viva, Michele Anzaldi, che chiede: «Davvero qualcuno crede che l'istruttoria si sia conclusa di sabato, a 48 ore dall'inizio del nuovo ciclo di puntate della trasmissione? Ennesima mala gestione della Rai, che avrebbe potuto informare in maniera più tempestiva e senza bisogno di farsi tirare per la giacca da Libero, al quale vanno i miei complimenti», ha concluso il renziano segretario della Commissione parlamentare di vigilanza Rai.

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