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Calenda e Letta? "Repubblica" oltre il ridicolo: sul foglio della sinistra...

Renato Farina
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Paolo Villaggio agli esordi su Rai2 propose, come primo premio di un suo quiz surreale, "la gigantografia di Ave Ninchi nuda a cavallo". Potrebbe essere un'idea per Repubblica, con Enrico Letta e Carlo Calenda, uno davanti l'altro dietro, su un cavallo bianco come due Garibaldi. Intanto già Repubblica di ieri non era male quanto a glorificazione dei due suoi nuovi miti: ha piazzato in prima pagina un poster che, oltre ai due citati super-eroi, li circondava di scudieri, tutti in posa da moschettieri, radiosi come nella pubblicità dell'Aperol. Ma la foto in fondo è stato il meno. Il direttore Molinari, che ricordavamo serissimo corrispondente da Washington e da Gerusalemme, ha allestito per festeggiare la neonata coalizione una parata da circo, esibendo, in onore dei due massimi protagonisti del "Patto per l'Europa", il balletto sulle punte dei suoi elefanti del pensiero, giocolieri degli aggettivi squinternati, soprattutto domatori di pulci. Senza offesa, così ci paiono essere stati trattati i lettori, ma forse anche i firmatari dell'alleanza, gonfiati all'inverosimile, con il rischio che scoppino grattandosi la pancia per il compiacimento. Che parabola per il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari.

 

 


L'editoriale è affidato a Stefano Cappellini. Il quale esordisce così: «Forse c'è una speranza di non spostare la capitale d'Italia a Budapest». Questo è e sarà il livello di questa campagna elettorale condotta dalla sinistra e dal giornale che ieri si è proposto come punta di lancia missilistica massimizzando la sfida come o lava o la spacca.
La vigilanza sui toni di questa campagna spetta al presidente della Repubblica e siamo certi che non farà il pesce in barile dinanzi a un incipit adatto a dare il segnale d'inizio di una guerra civile per fortuna solo verbale più che a cominciare un articolo. Diciamo che, dopo aver suonato il corno della battaglia, Cappellini intinge la penna, o forse la lingua, nel miele, ma sì, esageriamo: onore e responsabilità, fantastico: «L'intesa tra il Pd di Letta, onore alla pazienza, e i partiti di Calenda e Bonino, menzione alla responsabilità, non basta a ribaltare il pronostico sul voto del 25 settembre. La destra resta favorita. Ma, almeno da un punto di vista matematico, la partita si fa più equilibrata». Cosa c'entra la matematica non si sa. La matematica è logica chiara e distinta, qui siamo all'ingorgo dei disperati.

 

 


Tutt' altra classe manifesta Francesco Merlo. Il quale, rispetto alla prosa vele e cannoni di Sandokan del Cappellini, comunica pura estasi mistica. «Enrico Letta è il papa che dell'altro "dolce Enrico" sta completando il lavoro, con la Nato, con la democrazia, con l'Europa, e senza mai vestirsi da trascinatore, ma sempre con ironia». Dopo la mistica, la magia. Letta, secondo mago Merlino, impugna l'Agenda Draghi «il lampo di Paul Klee sulla politica che produce somiglianze ed è oggi l'abracadabra della nuova coalizione di centrosinistra». Però alla fine, con le somiglianze, Merlo esagera. Innalza Calenda a prossimo "papa laico" assimilandolo a «Ugo La Malfa, Bruno Visentini, Giovanni Spadolini». Un ossequio così spropositato a Calenda riteniamo sia per la medesima attitudine a passare dal "servo encomio" al "codardo oltraggio" o viceversa. Osserviamo Merlo: esaltò (quando si alleò con il Pd) Conte e la sua «lacca nera sui capelli, i gemelli ai polsi, la geometria delle pochette a quattro punte... l'aria tranquilla, serena, conversativa, amabile e indulgente» (28 agosto 2019) , salvo impalarlo 18 mesi dopo: «Di Conte non rimane nulla. Ieri è finita l'epoca della cerimoniosità, dei vezzi, dei quasi».

 

 


Quanto a Calenda. Oggi in amorosi sensi con Letta, addirittura in compagnia di Luigi Di Maio. Ecco la trascrizione dei suoi giudizi sugli amici per la pelle in vista del 25 settembre.. «Di Maio? Gli ho visto cacciare le persone preparate, prendere le sue amiche di infanzia, prendere in giro gli operai della Whirlpool quando sapeva perfettamente da mesi che se ne stavano andando, fare un casino sull'Ilva che la metà basta, dire che il Tap era una fregatura: adesso chiedono di raddoppiarlo» (L'Aria che tira, La7). «Di Maio cerca di far dimenticare i disastri che ha fatto dicendo "ma io ormai sono per la competenza", Di Maio per la competenza?! E non è Di Maio (il problema), perché Di Maio in un Paese normale verrebbe preso a pernacchie e finirebbe lì, ma quelli che gli vanno appresso. Gli va appresso Letta che dice la nostra funzione è di fare il magnete... di chi? Di Conte e Di Maio, dei rottami? Allora io penso che è un dovere, non per superbia ma per responsabilità, cercare un'altra strada, ma non è una strada che mette insieme frattaglie. Anche perché queste frattaglie, questi ipotetici centri vedrete che quello che faranno». Ah sì?

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