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Repubblica di lotta e di salotto, cosa appare in prima pagina

Tommaso Lorenzini
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È magnifico constatare come dalle parti della sinistra, e degli organi di informazione che a lei fanno capo l'affannosa propagazione dell'equalitarismo porti ad accostamenti straordinari con esiti altrettanto tragicomici. E non si stratta di scelte ponderate né di particolari incroci delle costellazioni, è così e basta, in bilico fra ipocrisia e confusione, rispecchiando sulle pagine di Repubblica ciò che sta avvenendo (ed è sempre avvenuto) nelle giornate di Pd e kompagni. È infatti straordinaria la prima pagina di ieri, che rilancia la battaglia ideologica contro Giorgia Meloni utilizzando il grimaldello della tutela dei poveri facendola andare a braccetto con l'alta moda, mondi che più lontani non si può. Il giornale diretto da Maurizio Molinari strilla infatti «I dimenticati del Reddito», critica rivolta alla manovra, spiegata dal seguente sommario: «Il prossimo settembre 400mila famiglie saranno private del RdC. Nessuno sa cosa accadrà dopo». Sì, non si tratta del Fatto Quotidiano anche se avete ragione, la titolazione grillina poteva fourviare.

 

 

 

 

È proprio la Repubblica, che torna ad occuparsi di cose che la sinistra ha sempre ritenuto sua proprietà: lavoro, ammortizzatori sociali, attenzione per le classi disagiate. Giorgia Il tutto difendendo l'ormai conclamato assegno pro fannulloni, a riprova della voglia di assistenzialismo statalista mai sopita. Dunque una sterzata verso il popolino affamato dall'autocrate fascista Meloni? Macché, la mezza crisi d'identità è superata poche righe più in là, basta spostare l'occhio di fianco per trovare l'essenza più radical chic dei dem. È in un bel riquadro che campeggia la fotografia di Alessandro Michele. Chi è costui?

 

 


Cinquant' anni proprio oggi, genio della moda, arrivato sette anni fa alla «guida creativa» di Gucci ha «portato i fatturati del brand a quasi 10 miliardi di euro» grazie alla sua «rivoluzione dolce». Ma ora se ne va, tanto da meritarsi uno struggente: «Addio Gucci, l'uomo della svolta lascia la maison». «Un vero shock, per tutti. Al mondo della moda piacciono le iperboli, ma questo è davvero un terremoto», scrive Repubblica: un terremoto che non avrà fatto dormire le suddette 400mila famiglie avviate all'indigenza dalla Meloni. Però, insomma, è bene che questi poveri non facciano troppo casino, né che «esploda il loro disagio», come avvisa nel richiamo sotto al titolone Patrizio Bertelli, fondatore di Prada (altra azienda dell'alta moda da 4 miliardi di fatturato) preoccupato per gli stipendi troppo bassi dei lavoratori. Meloni da una parte, Gucci dall'altra, Prada sotto: un assedio per questi poveri... 

 

 

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