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Nicola Porro, l'affondo contro Elly Schlein: "Una follia. Forse per fini personali..."

Francesco Specchia
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Nicola Porro cura l’arte un po’ tantrica delle “ripartenza”, solo che invece del Buddha ha come modello Antonio Martino. Con l’economia nel cuore e la speranza nel portafogli, il pregiato collega riaccende il Petruzzelli di Bari con la sua kermesse liberale e liberista la Ripartenza23-Liberi di pensare, densa di speranze, analisi e piattaforma programmatiche.

Caro Nicola, tu hai la fissa del “Paese del fare”. Nell’odio dei modelli, delle procedure e, in genere in quello che Tremonti chiama il «terzo livello infernale delle burocrazia», un nemico lo trovi sempre. Un tempo era il Covid. E ora? 
«Ora c’è la dittatura del climatismo: da un lato i vincoli burocratici, il Nimby; e, dall’altro, la sovrabbondanza di norme europee sul clima che rischiano di devastare industria e libertà. Con Massimiliano Lenzi ci faccio una pièce teatrale sulla decrescita felice».

Be’, da qualcosa per salvare il pianeta non dovremmo pur iniziare? 
«Certo. Ma, perdona, è una follia pensare di iniziare il taglio dell’emissioni in una zona del mondo, l’Europa, che ne produce solo l’8%. L’ecosostenibilità sta diventando una religione, e Timmermans è il suo profeta».

Perché, scusa, guardi il bicchiere mezzo vuoto? Non abbiamo forse i parametri occupazionali (61%) in salita e i disoccupazionali in discesa; le agenzie di rating costrette a rivedere a rialzo i giudizi; il Pil che cresce più nell’eurozona, come dice Giorgia Meloni? 
«Perché in economia non si ha la palla di cristallo, ma se fossi nei politici, in mezzo ai parametri in salita che racconti, be’, io mi preoccuperei della produzione industriale in discesa in questi giorni. Abbiamo un turismo fortissimo per i consumi interni, ma in un Paese come il nostro, che è la seconda manifattura d’Europa, se la produzione cala diventa un bel problema. Mettici anche questa stronzata del green della Commissione che dà una botta all’automotive, l’aumento dei tassi d’interesse e tutto il resto; ed è ovvio che poi gli industriali si preoccupino».

Be’ mica tutti. C’è industriale e industriale. Bonomi di Confindustria per esempio non è pessimista. 
«Hai ragione. Ci sono gli industriali che stanno in fabbrica. E quelli che rappresentano quelli che stanno in fabbrica, che non hanno più il polso vero della situazione e magari si siedono nei salotti con ambizioni di ruolo politico. Leggi: Confindustria, per esempio».

 

 

 


Se parli così dell’industria non oso pensare a come consideri i sindacati, col Landini sempre in piazza che si crede Lama. Trovi che il loro ostruzionismo, alla fine, giovi alla causa? 
«Il sindacato italiano è folle. La Cgil, con l’appoggio al salario minimo, sta facendo la cosa più antisindacale e più politica legata al Pd che abbia mai prodotto. Probabilmente ci sono fini personali. Meno male che Sbarra, la Cisl, è quello che mantiene una sua razionalità in questa pazzia».

Ma il salario minimo non è contraddittorio in un paese che ha la contrattazione collettiva tra le migliori d’Europa? 
«Lo è, in un paese in cui ci sono 3,5 milioni di dipendenti e solo 800mila fuori dalla contrattazione sindacale. Io mi concentrerei su quei contratti. Anche perché il salario minimo è un casino: se è troppo basso è inutile, se è troppo alto rischi di fare nero».

Che ne pensi di questa bagarre sull’inflazione che scende (quella di base tocca il 5,6%) ma non riesce a raggiungere il 2% previsto, mentre la Bce tenta di combatterla andando avanti a colpi di rialzo dei tassi? Non rischiano di rimetterci i consumatori? 
«Non esiste tassa più ingiusta dell’inflazione: all’8% -10%, in doppia cifra, è un’imposta tanto mostruosa quanto invisibile. Sai cosa vuol dire perdere 120 miliardi senza accorgersene? Qua ora tutti danno la colpa alla Bce; ma se ci sono stati 8 rialzi in un anno –tantissimo- la colpa è stata delle stessa Bce che per gli 8 anni prima ha fissato i tassi a zero e rastrellato i titoli di Stato. L’uso di queste politiche monetarie espansive è come curare un malato con la Vodka. Me lo diceva sempre il mio prof Antonio Martino: sono cose che si pagano».

 

 

 


Ti ricordo che questa politica espansiva la inaugurò Mario Draghi col “Whatever it takes” nel 2012. E poi salvò pure l’euro... 
“Sì, c’era Draghi. E quel tipo di scelta ha certo salvato l’euro che era già fragile, ma dopo c’è stata un’immissione di droga monetaria che s’è fatta prendere la mano. E ora, per combattere l’inflazione – di cui non hanno previsto gli sbalzi- gli economisti Bce ci stanno dicendo che l’inflazione calerà. Ma il track record delle loro previsioni è pessimo. Sia in Europa che negli Usa (ma negli Usa l’inflazione è più controllabile)».

La notizia di oggi è che i contenzioni inerenti al Superbonus del 110% sono aumentati del 700%. Per dire. Davvero è stata, la pioggia di bonus, dal punto di vista del mercato, una iattura, come avevi denunciato tu stesso? 
«Quella è l’altra faccia delle politiche monetarie espansive. Il Superbonus è valso solo per 400mila appartamenti, ha creato danni, e paradossalmente, con 140 miliardi spesi, ha finanziato pure l’installazione dei caldaie antiecologiche che ora la Ue ci impone di cambiare. Una follia. Ci prendono in giro. Sembriamo governati dal Joker. Dobbiamo iniziare da qualche parte, dici? Bene. Cominciamo col mettere il foot print (l’impronta dell’impatto ambientale, ndr) ai prodotti dall’estero...». 

 

 

 


Ce l’hai con la Cina?
«Be’, ci consegniamo a braccia legate dietro la schiena ai cinesi, già autori di svariati dumping. Non solo non possiamo costruire centrali nucleari, ma ci impongono acquisti di pannelli solari fatti da un Paese che produce con centrali a carbone. Ma ti rendi conto? Ci prendono a calci nel culo».

Tutti uniti, a centrodestra, in falange oplitica, dunque alle Europee. Ma glielo dici tu a Tajani che non vuole in coalizione nè l’Adf tedesco -un po’ nazista- nè la Le Pen?
«Bisogna unire la varie anime del centrodestra, come fece il Berlusconi di Casalecchio di Reno quando disse ai suoi elettori di votare Fini, sdoganandolo. O quando creò il Popolo delle Libertà. Si vincono le elezioni e si fanno Alleanza con tutti. Tutti. Anche con l’Afd, che in Germania prende il 20%: non credo che li votino tutti soltanto i nazisti...».

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