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Elon Musk, la figlia trans e comunista: "I ricchi sono il diavolo"

Giovanni Sallusti
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Non sono comunista perché non posso permettermelo, diceva Ennio Flaiano in contropiede fulminante rispetto al conformismo interessato del suo tempo (che poi è anche quello del nostro, con cambio di paradigma cromatico dal rosso all’arcobaleno). Ecco, possiamo tranquillamente affermare che Vivian Jenna Wilson non ha questo problema, e infatti a detta di suo padre è comunista. Suo padre è Elon Musk, semplicemente l’uomo più ricco del mondo (patrimonio netto, secondo l’ultima stima, 192 miliardi di dollari). Vivian, 19 anni, fino all’anno scorso era nota al mondo come Xavier Musk, dopodiché ha deciso di cambiare legalmente generalità e sesso, mettendo agli atti del tribunale che non vuole più «vivere o essere imparentata con il padre biologico in alcun modo o forma» (eccetto immaginiamo quella degli alimenti, d’altronde il turbocapitalismo dovrà pure avere qualche lato positivo). Fin qui, saremmo di fronte a una classica storia di seconda generazione che ripudia la prima, seppur estremizzata per dimensioni del patrimonio e della crisi d’identità.

Quel che è interessante è però la spiegazione che Musk dà di questo fossato esistenziale che si è spalancato con la figlia nella nuova biografia, secondo le anticipazioni del Wall Street Journal e del Daily Mail. Già di orientamento iperprogressista come tutti i bravi rampolli delle dinastie miliardarie californiane, Vivian «è andata oltre il socialismo, diventando una comunista a tutti gli effetti e pensando che chiunque sia ricco sia malvagio».

 

 

La figlia del Capitalista 5.0 per eccellenza, uno che incassa il doppio di Zuckerberg e non finge nemmeno di coltivare la posticcia coscienza eco-sociale del rivale, è “una comunista a tutti gli effetti”. Nemmeno quel genio di Tom Wolfe, l’uomo che ha raccontato prima di tutti la figura chiave della schizofrenia contemporanea, il Radical-Chic, avrebbe immaginato una nemesi così spettacolare e definitiva. La prima regola del Radical-Chic, scriveva Wolfe, «è che la nostalgie de la boue – lo stile romantico e rudemente vitale dei primitivi che abitano nelle case popolari, per esempio – è bella, e che la borghesia è brutta». Il tutto detto nel bel mezzo di ricevimenti alto-borghesi, ovviamente, mirando le suddette case popolari con un innocuo brivido esotico, garantito dalla lontananza.

La figlia dell’uomo più ricco del mondo intenta a convincerci che «chiunque sia ricco sia malvagio» è uno stadio successivo, è la dilatazione parossistica del concetto di Radical-Chic, è la maschera perfetta della sinistra del nuovo millennio: l’Ossimoro realizzato. C’è tutto un percorso, dietro quella che sembra uno notiziola da melodramma famigliare, e di nuovo sono interessanti le parole con cui Musk ha spiegato la “radicalizzazione” ideologica di Vivian. Secondo lui, sarebbe avvenuta a causa dell’ «educazione marxista» ricevuta nella costosissima scuola Crossroads K-12 di Santa Monica (fino a 50mila dollari di retta annuale). Molti giornalisti italici hanno maldestramente sghignazzato: evidentemente, non hanno mai letto La chiusura della mente americana, del grande filosofo e classicista Allan Bloom. In quello che è uno dei primi grandi affondi libertari contro il Politicamente Corretto, Bloom seziona esattamente il fenomeno descritto sbrigativamente da Musk: lo svuotamento ideologico del sistema d’istruzione americano, dovuto alla “smobilitazione” dalle grandi narrazioni (patria, religione, ma anche e soprattutto il valore inalienabile della libertà individuale posto a base della Dichiarazione d’Indipendenza) in favore di un relativismo impigrito che si sfoga nella scomunica contro chi s’azzarda ancora a pensare in proprio. Per cui in nome di una “liberazione” farlocca si crea un dogmatismo che ha «poca voglia di proteggere chi si è guadagnato l’ira di movimenti radicali».

 

 

Elon Musk sicuramente se la è guadagnata, con la sua difesa a oltranza del free speech contro le turbe censorie dei Buoni, con la sponda più volte data a battaglie “scorrette” repubblicane, perfino con l’acquisizione del tempio del Vangelo liberal, Twitter, dettata a quanto emerge dalla biografia anche dalla volontà di combattere «una mentalità che reprimeva le voci di destra e anti-establishment». Una mentalità che, stando sempre alle anticipazioni del libro, lui vedeva riflessa sempre di più nella figlia, che infine l’ha misconosciuto. Forse non lo sa, ma Vivian, con quest’atto privatissimo, ci ha mostrato qualcosa di intimamente politico, ovvero in cosa si sia trasformato oggi il marxismo (a differenza di Musk eviteremmo la parola “comunismo”, per rispetto della tragedia di allora rispetto alla farsa di oggi). In sintesi: da teoria della lotta di classe, a passatempo dei figli (pardon, figlie, insomma persone in transizione sessuale, o qualunque perifrasi soddisfi i dogmi della Chiesa Lgbt) di papà ultramiliardari in lotta per la paghetta. Finisce così lo spettro di Karl Marx, in limousine dentro qualche corteo Pride mentre sputa sul capitalismo che si guarda bene dal rivoluzionare, e no, non se lo meritava nemmeno lui. 

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