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Alex Mucci contro il moralismo: "Sì, lavoro col sesso e non mi vergogno affatto"

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Alex Mucci
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Mi piace considerarmi una condannata alla controversia, perché ho passato tutta la vita a discutere della mia eterodossia con gli altri. Da piccola, quando tutte le mie amichette erano impegnate a pettinare le bambole, io correvo dietro al pallone e facevo a botte con i maschi, tant’è che smisero presto di chiamarmi Alessia. Alex è stato il mio primo nickname su Msn ed Alex mi chiamavano le maestre. Ero sempre fuori luogo, sboccata e vestita strana, ma anche eccellente davanti ai libri di scuola. “Il Dibattito: il motore del mondo” il titolo della mia tesina alla maturità scientifica, “Il Dibattito sull’aviazione verde” quello della mia tesi di laurea in ingegneria aerospaziale al Politecnico di Torino.

A quel tempo mi chiamavano “la figa di Aerospaziale”: non che esser la più carina in un ateneo di ingegneri fosse difficile, ma ero certamente- come sempre- dissonante dal coro. Ed io mi sentivo diversa, dentro e fuori: tutto quell’ordine che avevo attorno lo macchiavo con i tatuaggi, mentre risolvevo equazioni alle derivate parziali non lineari e la notte miscelavo cocktail dietro i banconi in discoteca. Il giorno della mia tesi ho detto ai miei genitori che non mi avrebbero mai vista seduta in un ufficio a progettare aerei; così, dopo aver vissuto qualche anno in Oceania alla ricerca di me stessa, sono tornata in Italia dove, casualmente, sono inciampata in quello che oggi è il mio lavoro, il mio mondo, il motivo di discussione ad ogni mio tavolo.

Mi chiamo Alex Mucci, ho 35 anni e sono una web influencer con quasi 10 milioni di followers nonché esponente italiana del sex working online su OnlyFans, il sito più chiacchierato sui mass media degli ultimi anni. Oggi sono fiera di inaugurare la mia collaborazione con Libero, che ringrazio per aver dato parola ad un insider di questo mondo - così odiato ed amato, criticato ed ambito su un mezzo non convenzionale per la mia categoria e che son certa genererà dibattiti interessanti.

 

 

 

LA REALTÀ DEI FATTI

Molti che leggono avranno pensato: ma questa sta dicendo che una che si spoglia per milioni di persone online abbia qualcosa di interessante da raccontarci? Ammettetelo. Ammettetelo che perla maggioranza della gente il mio percorso non sia normale o qualcosa da condividere, tanto meno qualcosa con cui poter empatizzare. Però non sapete- o fingete di non sapere - che in Italia ci siano più prostitute che medici. Stime degli ultimi 5 anni dicono che le puttane siano tra le 75mila e le 120mila, per un volume economico da 90 milioni di euro al mese, contro i circa 40mila medici di famiglia, in tendente diminuzione. I clienti delle prime?
Circa 9 milioni, il 32% della popolazione maschile adulta.

Quindi qual è la colpa delle puttane? Non è pur normale che ci sia qualcuno disposto a rispondere ad una domanda così alta? Prendiamocela con i clienti che generano la richiesta, no? Troppi poi gridano che le prostitute siano schiave, c’è il racket dicono... e che c’entrano loro? È un lavoro la cui regolamentazione è vietata e pertanto in mano alle mafie. Facciamo del victim blaming quando demonizziamo la prostituta... prendiamocela con il racket piuttosto.

Stesso ragionamento è applicabile al sistema della “prostituzione online” che, seppur non nuovo, è venuto alla ribalta durante la pandemia grazie ad OnlyFans. Non mi addentrerò ora in spiegazioni riguardanti il porre in essere o l’utilizzo di OnlyFans, perché è oramai erroneamente noto al pubblico come canale esclusivamente dedicato alla pornografia amatoriale e contenuti erotici a pagamento. Procederò per assurdo, ammettendo che sia proprio così, che OnlyFans sia non altro che il “sito porno 2.0”, mantenendo la narrazione sbagliata di cui tutti i media si sono riempiti la bocca per tre anni ad oggi. Anche in questa prospettiva, a me vien difficile comprendere il motivo per cui ad esser demonizzati siano i/le creator che sfruttano questo mezzo per generare introiti, e non i 150 milioni di “fan” iscritti alla piattaforma in tutto il mondo.

Sono una donna libera e adulta, che da anni lavora per costruirsi un seguito di milioni di persone sul web e sceglie di monetizzarle esponendo il proprio corpo. Per quale strano motivo il problema sarei io se esiste tale richiesta? Perché devo leggere ogni giorno cascate di commenti d’odio da parte di persone che mi accusano di promuovere la mercificazione e l’oggettificazione del corpo femminile? O che mi giudicano nel mio ruolo di madre? Questo moralismo, questo falso femminismo è medievale. Perché l’operaio metalmeccanico o il panettiere non sfruttano il corpo? Polsi, polmoni, schiena, ginocchia...

La verità è che a nessuno infastidisce lo sfruttamento del corpo in sé, ma il fatto che si parli di sesso, di bocca, di culo e genitali e non di cartilagine; che sia coinvolto tutto ciò che la massa consideri intimo, senza capire che il concetto di lavoro, qualsiasi esso sia, implichi di per sé la mercificazione del corpo e del tempo dell’essere umano. Perché mia madre, che si è rotta schiena e polsi in fabbrica per 40 anni, ha più dignità rispetto a me che scelgo liberamente di sessualizzarmi per portare la pagnotta al tavolo della mia famiglia? Del resto sono sempre stata oggetto delle attenzioni sessuali da parte degli uomini, anche quando lavoravo dietro al bancone del bar ed ero costretta a subirle “gratuitamente”. Che male faccio se scelgo di farmi ora pagare per ricevere le stesse? Perché devo sentirmi responsabile del bullismo che mia figlia potrebbe subire a scuola fra qualche anno quando gli amici scopriranno che lavoro fa la mamma? Victim blaming: si giustifica l’esistenza del bullo a discapito di una mia scelta libera. Senza dire che nessun bambino è mai nato stigmatizzando il corpo nudo: quello è un retaggio che riguarda solo gli adulti, e che solo gli adulti tramandano alla prole.

OCCUPAZIONE NORMALE

Perché devo vergognarmi di compiere una scelta nella legalità, anche fiscale. Nessuno parla mai di quanto sia difficile evadere il sistema fiscale per chi lavori sul web, o della posizione fortemente tutelante che OnlyFans abbia rispetto allo sfruttamento, al revenge porn ed alla pedopornografia, fronti sui quali i canali per adulti tradizionali ancora falliscono miseramente. Tutti troppo impegnati ad invocare il rogo per le streghe. Normalizzazione? Forse no. Ne siamo ancora culturalmente troppo lontani, oltre al fatto che renderlo un “lavoro normale” farebbe guadagnare meno me che oggi ho il coraggio di farlo. Sono onesta a riguardo. Tuttavia, cominciare ad accettarne l’esistenza e smettere di demonizzare la categoria, allineandoci al progressismo con cui alcuni paesi europei approcciano la materia oggi e togliendoci il velo dei finti bigotti a cui queste cose fanno schifo, non sarebbe male.

 

 

 

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