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Gassmann e Scamarcio, se il soccorso rosso arriva da Cinecittà

Giovanni Sallusti
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Teorema della politica italica: quando la sinistra è (particolarmente) in difficoltà, scendono in campo gli intellettuali. Pronti, via: ecco Alessandro Gassmann e Riccardo Scamarcio. Non ridete, è tutto perfettamente in scala: nell’era in cui la segretaria del partito erede del Pci è la signora Elena Ethel Schlein con armocromista al seguito chi vi aspettavate, Vittorini e Moravia?
Gassmann e Scamarcio hanno dato vita a un fulmineo uno-due sulle colonne de La Stampa. Ha iniziato domenica Riccardo, che ha consegnato all’inserto Specchio le sue meditabonde analisi sotto il titolo «Temo la repressione», manco fosse una versione alla carbonara di Navalny. Per chiarire che ci si inerpica su cime politologiche inaccessibili ai più, è partito così: «Un po’ di patriottismo ci sta, ma solo quello che include le differenze, non quel patriottismo stupido contro gli altri. Un patriottismo inclusivo». Un patriottismo omeopatico, veltroniano, nazionale ma anche cosmopolita, molto petaloso e twittabile.

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