«Glielo dico senza giri di parole: questa commissione parlamentare è puro ossigeno». Quello di Maria Rita Gismondo, virologa, infettivologa, microbiologa, due lauree e un curriculum che prenderebbe (da solo) mezza pagina, è un nome che i lettori di Libero ricordano sicuramente da quegli anni là, quelli bui, quelli dei lockdown di massa e della pandemia diventata pandemonio.
Gismondo, allora, guidava il laboratorio delle Bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano: oggi fa la consulente per il ministero della Salute ed è appena rientrata da “Atreju”, la manifestazione romana di Fratelli d'Italia. «Ma lei se lo ricorda?», continua, «non si poteva parlare, non si poteva discutere, soprattutto non si poteva criticare la gestione di quel che stava succedendo. Questa commissione è uno squarcio dentro al muro di amianto che è stato eretto nel 2020».
Professoressa Gismondo, lei è stata anche audita dalla commissione un mesetto fa. Adesso cosa dobbiamo aspettarci?
«Lo scopo della commissione è far emergere tutto quello che io chiamo “fango” e che è stato sommerso per anni. Certamente una commissione parlamentare non ha il compito né di giudicare né di condannare. La magistratura potrà, semmai, in qualche modo, curiosare tra le carte che stiamo discutendo e trarre le sue conclusioni. Eventualmente agire di conseguenza. Ma è un altro discorso».
Pandemia, l'ex pm inguaia Conte e Speranza
È il magistrato che indagò a denunciare la responsabilità di Giuseppe Conte e Roberto Speranza sull...Verissimo. Lei che impressione s'è fatta?
«Ciò che uscito è finora lascia stupiti. Un viceministro che pare non abbia avuto nemmeno accesso alla commissione tecnico-scientifica. Gli esperti che sostengono di aver consigliato alcune cose al ministro per poi vedere che il ministro faceva l'esatto contrario di quanto gli veniva suggerito, ma andava in televisione a ribadire ogni minuto che lui si affidava alla scienza. Sono stati fatti degli errori madornali, parliamoci chiaro».
Per esempio?
«Quando c'è un'epidemia la prima cosa da fare è tracciare il virus, cioè limitare che si diffusa. Non si deve rincorrerlo, si deve stopparlo. Ebbene, nel febbraio del 2020 una circolare ministeriale ha vietato i tamponi peri non malati ei non sintomatici. È un concetto di ascientificità assoluta perché le infezioni possono essere trasmesse, il contagio può avvenire anche nel periodo di incubazione, quando non ci sono i sintomi».
Dopo ce ne siamo accorti tutti...
«Appunto. In un'epidemia di quella gravità dovevamo essere accortissimi. Invece sulle mascherine, altro caso, è stato fatto un gran pasticcio: improvvisamente quelle che avevamo in stock sono state regalate alla Cina, poi le abbiamo ricomprate a caro prezzo proprio dalla Cina e, non bastasse, ci hanno consegnato pure quelle “farlocche”, senza certificazione, perché eravamo in piena emergenza e dovevamo usarle per forza. Il problema è che non erano solo non efficienti, erano proprio dannose».
Apriamo il capitolo vaccinazione?
«Si è trattato di una vergogna. Ci hanno assicurato, e ci siamo fidati, che il vaccino fosse sicuro e sperimentare. Peccato sia saltato fuori dai documenti che non c'erano sperimentazioni sugli anziani e dati sulle donne incinta. Recentemente Pfizer, messa con le spalle al muro, ha scritto nel bugiardino che il suo siero può dare pericarditi ai giovani maschi e che non ci sono dati sperimentali per le donne gravide, con la conseguenza che, su quei soggetti, quindi, deve essere usato solo in casi estremi. Ma quelli di noi che l'hanno detto allora hanno subito le inquisizioni del pensiero unico. Io ho avuto due commissioni disciplinari».
D'accordo, però obietto: erano mesi particolari, c'era un'emergenza planetaria, contavamo migliaia di morti alla settimana, vivevamo con l'incubo del “bollettino”. Qualcosa per arginare quella deriva andava fatta e lo poteva fare solo la scienza.
«Ha perfettamente ragione. Tuttavia all'inizio non c'era esclusivamente il vaccino di Pfizer o di Moderna e Astrazeneca. Ce n'erano altri, tra cui anche uno italiano. Sono spariti tutti. È stato fatto il contratto con Pfizer e non se n'è parlato più. Guardi, io sono una persona schietta. Se hanno detto: “Non abbiamo un'alternativa, abbiamo questo che è poco sperimentare ma vale la pena provare”, sarebbe stato un conto. In questo modo, invece, sono stati falsificati dei dati. Senza contare quella stupidata della “tachipirina e vigile attesa”».
È stato un ritornello trito e ritrito. Non ha funzionato?
«Ma quando mai in un'infezione si aspetta che il paziente si aggravi per intervenire? Bisogna farlo subito, è come un incendio che divampa: o lo spegni immediatamente o resti fregato. Tra l'altro la tachipirina non cura niente, abbassa le difese immunitarie e basta. È stata un'assurdità scientifica, come quella di ostacolare le autopsie».
Le autospie?
«Certo. Tecnicamente non erano vietate, è vero. Ma nella pratica era impossibile farle perché per procedere dovevi avere l'autorizzazione di un giudice e, mentre cercavi di ottenerla, il corpo del tuo paziente venne cremato. È accaduto questo in quegli anni. Solo che non lo diceva nessuno, compresa la maggior parte dei giornali».
Insomma, tornando alla commissione sulla gestione della pandemia Covid, il suo giudizio è positivo?
«Altamente positivo, sì. Le dirò di più: ne ho parlato ad Atreju e ho intenzione di iniziare una commissione puramente scientifica per studiare proprio ciò che sta venendo a galla ora. Mi auguro che tanti colleghi quelli che non la pensano compresi come me vogliano unirmi e discuterne assieme, perché il primo dovere di uno scienziato è essere pronto a cambiare idea però farlo rispettando i dati e gli studi e le analisi. Io sono per un dibattito aperto».




