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Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, la trattativa in privato: indiscrezioni, la Federazione si avvicina?

Antonio Rapisarda
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Di soggetto unico - vuoi che sia con l'acronimo germanofilo Cdu, che qui starebbe per Centro -destra unito, o con il più didascalico «partito del centrodestra italiano» - al vertice di coalizione sulle Amministrative ufficialmente non se n'è discusso. Il giorno dopo l'annuncio "filtrato" di Silvio Berlusconi sull'appello «stile '94» da lanciare a tutti gli alleati (incluso FdI) è stato all'insegna della prevedibile decantazione. Lo stesso "gran rifiuto" di Matteo Salvini, che l'altroieri tuonava contro l'ipotesi unionista rilanciando la federazione, dalle parti di Arcore è letto in controluce: «I due leader stanno giocando una partita di ping-pong: si lanciano ripetutamente la palla...», spiegano fonti accreditate a Libero. Ma nessuno schiaccia forte: «È il segno che stanno aumentando la collaborazione. Questo è il dato certo». Ossia: che il progetto sulla federazione è destinato a partire - con uno primo step individuato nell'indicazione di uno speaker unico - e poi si procederà, sapendo bene che «l'orizzonte comunque è il 2023». Road map confermata da Antonio Tajani: «Nessuno ha parlato di fusione», ha smorzato il coordinatore azzurro da Bruxelles.

 

 

Quanto al patto fra i partiti, «Berlusconi è il federatore, ha dato una visione del centrodestra del futuro», ed è un'idea che l'ex premier «coltiva da tempo». In ragione di questa primogenitura rivendicata è chiaro, poi, che in prospettiva di governo l'idea di un Gop italiano, «un grande partito liberale e conservatore», che non potrà «non fare riferimento al Ppe», è una proposta che è stata fatta «e credo che alla fine molti si convinceranno della bontà di questa ipotesi». Intanto Matteo Salvini è tornato alla carica. «I partiti unici non si fondano dalla sera alla mattina», ha ribadito ieri insistendo sul fatto che «un conto è lavorare insieme, federarsi, collaborare su proposte di legge», altro conto sono «i partiti creati a tavolino. Non funzionano». Per il leader della Lega, al contrario, funzionano «i fatti»: testimoniati proprio dall'intesa sulla Regione Calabria e sui comuni al voto (in attesa di chiudere su Milano e Bologna). Segno, per Salvini, che «la federazione di centrodestra» esiste già, «prima fuori che dentro il Palazzo».

 

 

Il match di ping-pong fra azzurri e leghisti, dunque, continua ma i colpi segnati sembrano valere più in ottica interna. In casa Lega, ad esempio, lo scopo è evitare la rabbia dei territori davanti all'ipotesi di dover condividere i seggi- già diminuiti con il referendum - con gli azzurri. La stessa indicazione di Roberto Occhiuto in Calabria, assicura al nostro giornale un big di Forza Italia, sua volta è un indizio del tragitto che ha in testa Berlusconi: «Si tratta di un risultato figlio del nostro radicamento nel centrosud: e in un partito unico del 30% significherà in futuro avere un peso importante...». L'area critica di Forza Italia, da parte sua, spera invece che la pallina finisca in tribuna: «La federazione non mi ha mai convinto, credo che di più in un'alleanza forte che però deve rimanere plurale», ha sottolineato Mariastella Gelmini. Un «sì» convinto al partito unico è giunto infine dall'Udc: per Antonio De Poli si tratta «di una prospettiva interessante, va nella direzione di una semplificazione del panorama politico». Con Coraggio Italia, invece, è gelo. «Ci vuole coraggio a chiamare traditori persone come me», attacca Michaela Biancofiore, «non vorrei che per stupidità altrui venissero meno i 24-30 voti dei nostri

 

parlamentari per il Colle». 

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