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Marco Travaglio si copre di ridicolo, il grottesco titolo sulla fuga del "coniglio" Giuseppe Conte: "Resto tra..."

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Ci sono molti modi per definire la rinuncia di Giuseppe Conte alla candidatura alle elezioni suppletive a Roma. Il direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio sceglie quello più grottesco, al limite dell'Istituto Luce grillino. "Resto tra la gente", è uno dei passaggi usati dall'ex premier in conferenza stampa. Ed è il passaggio scelto da Travaglio. Nessun riferimento, ovviamente, all'argomento più usato dai detrattori dell'avvocato del popolo, come Matteo Renzi o Carlo Calenda, vale a dire la "mancanza di coraggio" di sottoporsi alla prima vera e propria sfida elettorale da quanto è comparso a sorpresa nel mondo della politica italiana. Ma neppure a un argomento molto concreto, da realpolitik, quello cioè di avere un problema ben più pressante di una candidatura in Parlamento, quello cioè di tenere in piedi il Movimento stesso. 

 

 

 



No, Travaglio e il Fatto in ossequio al ruolo di Conte "Messia" della democrazia, ultimo baluardo contro il "governo dei migliori", vittima dell'ennesima congiura di Palazzo ma amatissimo dalla "gggente", preferiscono puntare sul "bagno di folla". Va detto, come suggerisce anche il Giornale, che già qualche mese fa Conte aveva rinunciato alla candidatura, questa volta nel collegio di Primavalle, in sostituzione di Emanuela Del Re. Anche allora aveva motivato opponendo come alibi la necessità di dedicarsi 24 ore su 24 al nuovo corso del Movimento. Impegno "assorbente", l'ha definito qualche ora dopo davanti a Myrta Merlino, ospite a L'aria che tira su La7. "Finirei per fare il deputato assenteista", ha marcato ancora Conte lunedì pomeriggio.

 

 

 

 

 


E Travaglio si allinea. Nessun riferimento nel titolo, per esempio, a combinazione temporale e politica significativa. Conte (per sua stessa ammissione), stavolta "ci aveva davvero riflettuto" ma, che caso, il due di picche è arrivato solo dopo che Calenda aveva deciso di sfidarlo apertamente candidandosi a sua volta in quello stesso collegio, Roma 1, in cui nella sfida da sindaco aveva sfondato il 30 per cento.

 

 

 

 

Come dire: il legittimo sospetto che Conte abbia declinato una volta annusato il rischio della debacle c'era. Questo lo riconosce anche il Fatto ("Ha capito che lo aspettavano al varco per abbatterlo, con Carlo Calenda primo cacciatore nella sua riserva, e con lui una folla di aiutanti, da Matteo Renzi a tanto centrodestra, e vai a fidarti di certi dem o perfino di qualche grillino"), eppure il dato viene fatto passare in cavalleria.

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