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Non è l'arena, Giletti scoop dal vertice Pd: "Venerdì il presidente, non piacerà a tutti". Il nome

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"Non piacerà a tutti, ma lo voteremo". Parola di Enrico Letta, al vertice con i grandi elettori del Pd sul Quirinale. A Non è l'arena è Massimo Giletti a leggere un messaggino di un suo contatto dal conclave democratico. Un indiscreto di primissimo piano che conferma come la fumata bianca si avvicini: il giorno prescelto è venerdì. "Si lavora su Pier Ferdinando Casini, prima che sul bis di Mattarella", avrebbe chiarito il segretario ai suoi, probabilmente riportando il contenuto della trattativa con Matteo Salvini. Di una cosa Letta è sicuro: "Non sarà un presidente di destra".

 



Il vertice del centrodestra è stato rinviato a giovedì mattina, prima della quarta votazione. Si parla di "indisponibilità" di Giorgia Meloni e di Antonio Tajani, filtra malumore per l'accelerazione solitaria di Salvini, che nelle ultime ore aveva preso in mano la situazione tra contatti con il centrosinistra e addirittura incontri (smentiti dalla Lega) con Sabino Cassese, il possibile "terzo candidato". Su Casini, c'è da registrare qualche freddezza dal fronte Lega e M5s, con Fratelli d'Italia che continua a chiedere un nome di centrodestra. Ma la partita sarà legata alla tenuta della maggioranza e del governo, come detto a chiare lettere dallo stesso Letta, e quindi i meloniani potrebbero di fatto ritrovarsi fuori dal "perimetro" del voto per il Capo dello Stato. Da qui il nervosismo della Meloni, con conseguenze politiche tutte da valutare. 

 

 

 

 

"Grazie al rispetto reciproco con gli alleati siamo stati in grado di impedire esiti altrimenti pericolosi. È stato molto difficile ma utile. Con gli alleati c'è sempre stata massima trasparenza e reciprocità", ha spiegato Letta ai demi, di fatto escludendo ormai la pista che portava a una elezione "di forza" di Elisabetta Casellati da parte del centrodestra. "Vi chiedo uno sforzo in più: i cittadini ci guardano e per questo dobbiamo essere lineari nei comportamenti, uniti tra di noi (la cacofonia delle posizioni non fa bene a nessuno), seri, degni. Lo chiedo a maggior ragione a me stesso. Siamo in grado di farlo perché siamo classe dirigente matura". Una prima prova? Gli applausi spontanei della sala quando Letta augura un pronta guarigione a Silvio Berlusconi. Anche questi sono piccoli ma significativi indizi, come rivelato dal deputo Pd Alfredo Bazoli su Twitter, in tempo reale. 

 

 

 

 

"Ho gestito questa vicenda senza mai sovrappormi a qualcun altro - ha rivendicato Letta -. Evitando una ricerca di protagonismo sfrenato - per noi come partito e per me stesso - perché ero sicuro che era il modo migliore per evitare di deragliare. Un lavoro positivo con Italia Viva ha consentito di stoppare l'operazione Casellati". Il vero punto, come detto, è "legare la vicenda del Presidente della Repubblica con la tenuta dell'esecutivo. Non è una sgrammaticatura istituzionale. La legislatura deve arrivare fino in fondo. Non perché i parlamentari devono maturare la pensione, come si dice populisticamente, ma perché troppi sono i compiti e le responsabilità che dobbiamo portare a termine per il bene del Paese in questo momento storico complesso e difficile". La conseguenza logica sul voto è dunque "stare nel perimetro della maggioranza che sostiene l'esecutivo. Anche su questo, sulla coerenza della maggioranza, abbiamo dimostrato serietà. L'accordo per il Colle deve tenere insieme tutta la maggioranza". Giovedì il Pd voterà ancora scheda bianca, salvo novità nella notte. "Sarà una giornata di dibattiti", è l'annuncio del segretario. Prima del rush finale.

 

 

 

 

 

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